2021-26 -Smart working PA: il Dito e la Luna

Sep 22, 2021 · 4m 11s
2021-26 -Smart working PA: il Dito e la Luna
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La discussione sullo smartworking, in particolare per quello che riguarda la Pubblica amministrazione, è spesso affetta da distorsioni ideologiche. In genere, il dibattito si polarizza tra chi vede i dipendenti...

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La discussione sullo smartworking, in particolare per quello che riguarda la Pubblica amministrazione, è spesso affetta da distorsioni ideologiche. In genere, il dibattito si polarizza tra chi vede i dipendenti pubblici come “fannulloni”, che magari prendono il lavoro da remoto come un’opportunità per NON lavorare da casa e chi invece si trincera dietro la difficoltà di valutare le prestazioni della pubblica amministrazione, tacitando tutte le discussioni con una specie di “nessuno mi può giudicare”
Secondo i programmi del ministro Brunetta, in autunno dovrebbe arrivare la nuova normativa che disciplina il lavoro da remoto nella PA e già si preannunciano discussioni accese. Dalle anticipazioni circolate fino a questo momento, la modalità prevalente di svolgimento dovrebbe tornare ad essere in presenza, limitando la possibilità di smart working ad una serie di casistiche ben definite, per una quota minoritaria rispetto al monte orario complessivo e disciplinando a livello individuale le modalità operative.
Forse per indorare la pillola o per difendere questo “passo indietro” uno degli argomenti alla base del rientro in presenza è costituito anche dal contributo positivo al prodotto interno lordo. Sempre secondo il ministro Brunetta, le spese e i consumi tipicamente legati allo spostamento per recarsi al lavoro, venuti meno durante i periodi di lockdown e di lavoro a distanza, potrebbero favorire una crescita economica aggiuntiva anche superiore alle già rosee previsioni per l’anno in corso e per il successivo.
Cosa manca in tutti questi argomenti? Manca una visione prospettica su questo strumento, che esuli dalle necessità temporanee legate all’emergenza sanitaria e tenga conto di alcuni mutamenti strutturali, che la pandemia ha accelerato e che non potranno tornare indietro.
Il dito dello smart working punta necessariamente verso la luna della necessità di ripensare i rapporti di lavoro in ottica più flessibile, orientata a risultati misurabili e a precise responsabilità dei singoli lavoratori. La visione del rapporto di lavoro legata alla presenza fisica in un dato luogo e per un dato tempo, a prescindere dall’attività svolta alla luce della gigantesca sperimentazione realizzata nel corso della pandemia si è rivelato improvvisamente anacronistica e in prospettiva difficilmente sostenibile.
Datori e lavoratori che hanno sperimentato come sia possibile svolgere le stesse mansioni senza i vincoli tradizionali e conseguire guadagni in termini di produttività e qualità della vita, difficilmente potranno tornare indietro come se nulla fosse accaduto.
Ma la maggiore libertà nello svolgimento del lavoro porta con sé maggiori responsabilità nel conseguimento dei risultati e questo comporta criticità maggiori in quei contesti, come la pubblica amministrazione, nei quali un monitoraggio intensivo dell’attività svolta e la misurazione dei risultati ottenuti presentano criticità e resistenze ideologiche.
Per riassumere, l’approccio del ministro appare volto ad affermare una posizione di forza come castigatore di dipendenti pubblici e difensore delle attività economiche legate all’indotto degli spostamenti per lavoro. Manca una seria riflessione e discussione su come ripensare i contratti di lavoro per adeguarli alle mutate esigenze di un rapporto che si basa sempre meno sulla permanenza in un luogo in un dato intervallo temporale e sempre più sul conseguimento di obiettivi misurabili.
La gestione dello smartworking nella PA costituirà un importante banco di prova per l’efficacia dell’agenda riformista del governo Draghi. Se si limiterà a salvaguardare aspetti di facciata allora vorrà dire che il declino inesorabile sul quale era avviato il nostro paese prima della pandemia sarà solamente rinviato.

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