9 - Nanga Parbat: lottare per sopravvivere
Oct 10, 2022 ·
38m 45s
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Description
Il Nanga Parbat nasconde fra le sue pareti le testimonianze di chi ci ha provato. Furono in tanti, tra alpinisti e portatori, ad assediare questo colosso. Molti di loro sono...
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Il Nanga Parbat nasconde fra le sue pareti le testimonianze di chi ci ha provato.
Furono in tanti, tra alpinisti e portatori, ad assediare questo colosso.
Molti di loro sono rimasti lì, sul Diamir - il re delle montagne.
“Sono nato a Innsbruck. Le montagne guardavano nella mia culla”.
Si presentava in questo modo l’austriaco Hermann Buhl, un predestinato capace di entrare elegantemente nella storia dell’alpinismo Himalayano.
Buhl era un uomo innamorato delle montagne.
Un amante molto spesso solitario, voglioso di percepire l’ambiente e le emozioni di chi insegue la vita. Per viverla fino in fondo, fino all’ultimo sprazzo di energia.
Non era un folle Hermann Buhl, era semplicemente un tipo che non si sarebbe tirato indietro di fronte a nulla.
Un profondo conoscitore del suo corpo, della sua psiche e delle sue possibilità.
E dove c’era il rischio, dove avrebbe potuto nascondersi una sfida, allora ci sarebbe stato anche lui.
Reinhold Messner afferma di essere sopravvissuto all’impossibile sul Nanga Parbat nel 1970.
Hermann Buhl farà lo stesso nella notte fra il 3 ed il 4 luglio 1953. Gli verranno amputate due dita dei piedi in seguito ai congelamenti riportati in quella nottata.
Dal versante Rakhiot era stata compiuta la prima ascesa al Nanga Parbat, ma anche la prima ascesa in solitaria su un ottomila. Il tutto, senza l’ausilio di ossigeno supplementare.
Hermann Buhl aveva scritto una pagina indelebile dell’alpinismo internazionale.
La spedizione del 1953 era guidata da Karl Maria Herligkoffer, lo stesso che 17 anni dopo convocherà Reinhold e Gunter Messner, alle pendici del Nanga Parbat.
Questa volta però i programmi sono diversi, si punterà alla cima dalla parete Rupal
La più grande parete al mondo, ancora inesplorata.
Gli obiettivi dell’alpinismo in quegli anni cominciano a diversificarsi, tutti gli ottomila sono ormai stati raggiunti e allora si aprono nuovi orizzonti. Si punta sempre alla cima ma per percorsi diversi, sempre più difficili.
Nacque con queste aspettative la spedizione del 1970.
I fratelli Messner avevano cominciato a distinguersi per le loro ascensioni sulle Alpi.
Rheinold è il più grande e nei confronti di Gunther ha quell’attenzione particolare da fratello maggiore, nonché da compagno di cordata.
Sono inseparabili e quando Reinhold viene convocato da Herligkoffer, è subito chiaro. Ci sarebbe andato sulla Rupal, ma soltanto in compagnia di Gunther.
Contatto mail: andataeritorno.podcast@gmail.com
Music by Epidemic Sound
Crediti immagine: https://www.montagnamagica.com/cime-tempestose/hermann-buhl-primo-uomo-in-solitudine-su-un-8000-storia-di-un-grande-tra-i-grandi/
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Furono in tanti, tra alpinisti e portatori, ad assediare questo colosso.
Molti di loro sono rimasti lì, sul Diamir - il re delle montagne.
“Sono nato a Innsbruck. Le montagne guardavano nella mia culla”.
Si presentava in questo modo l’austriaco Hermann Buhl, un predestinato capace di entrare elegantemente nella storia dell’alpinismo Himalayano.
Buhl era un uomo innamorato delle montagne.
Un amante molto spesso solitario, voglioso di percepire l’ambiente e le emozioni di chi insegue la vita. Per viverla fino in fondo, fino all’ultimo sprazzo di energia.
Non era un folle Hermann Buhl, era semplicemente un tipo che non si sarebbe tirato indietro di fronte a nulla.
Un profondo conoscitore del suo corpo, della sua psiche e delle sue possibilità.
E dove c’era il rischio, dove avrebbe potuto nascondersi una sfida, allora ci sarebbe stato anche lui.
Reinhold Messner afferma di essere sopravvissuto all’impossibile sul Nanga Parbat nel 1970.
Hermann Buhl farà lo stesso nella notte fra il 3 ed il 4 luglio 1953. Gli verranno amputate due dita dei piedi in seguito ai congelamenti riportati in quella nottata.
Dal versante Rakhiot era stata compiuta la prima ascesa al Nanga Parbat, ma anche la prima ascesa in solitaria su un ottomila. Il tutto, senza l’ausilio di ossigeno supplementare.
Hermann Buhl aveva scritto una pagina indelebile dell’alpinismo internazionale.
La spedizione del 1953 era guidata da Karl Maria Herligkoffer, lo stesso che 17 anni dopo convocherà Reinhold e Gunter Messner, alle pendici del Nanga Parbat.
Questa volta però i programmi sono diversi, si punterà alla cima dalla parete Rupal
La più grande parete al mondo, ancora inesplorata.
Gli obiettivi dell’alpinismo in quegli anni cominciano a diversificarsi, tutti gli ottomila sono ormai stati raggiunti e allora si aprono nuovi orizzonti. Si punta sempre alla cima ma per percorsi diversi, sempre più difficili.
Nacque con queste aspettative la spedizione del 1970.
I fratelli Messner avevano cominciato a distinguersi per le loro ascensioni sulle Alpi.
Rheinold è il più grande e nei confronti di Gunther ha quell’attenzione particolare da fratello maggiore, nonché da compagno di cordata.
Sono inseparabili e quando Reinhold viene convocato da Herligkoffer, è subito chiaro. Ci sarebbe andato sulla Rupal, ma soltanto in compagnia di Gunther.
Contatto mail: andataeritorno.podcast@gmail.com
Music by Epidemic Sound
Crediti immagine: https://www.montagnamagica.com/cime-tempestose/hermann-buhl-primo-uomo-in-solitudine-su-un-8000-storia-di-un-grande-tra-i-grandi/
Information
Author | Sebastiano Frollo |
Organization | Goal Pub |
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