Astana prepara crepe nell'asse mondiale sparigliando le polarità
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https://ogzero.org/studium/il-mare-di-astana-il-mediterraneo/ Tutti contro tutti. Un panorama di rovine su cui ridisporre il nuovo ordine mondiale è l’intento del terzetto di Astana? La difficoltà a interpretare il quadro fosco di conflitti...
show moreTutti contro tutti. Un panorama di rovine su cui ridisporre il nuovo ordine mondiale è l’intento del terzetto di Astana?
La difficoltà a interpretare il quadro fosco di conflitti globali scatenati sullo scacchiere internazionale ci ha spinto a rivolgerci a Matteo Bressan, docente di Relazioni internazionali alla Lumsa e di Analisi strategica presso la Link Campus University. E proprio la strategia raffinata, sottile e priva di addentellati etici risulta particolarmente complessa nel momento in cui, dopo Accordi promossi e sbandierati nei loro (presunti) risultati, si assiste a svolte e rilanci, come quelli relativi all'accordo sul grano con l'Onu e la Turchia a fare da garanti, che lasciano intuire un disegno più ampio a coinvolgere gli stessi protagonisti chiamati a sancire risoluzioni effimere, ciascuno cercando di ottenere un vantaggio ulteriore e recondito dalle singole tappe della partita in corso.
Ciò che ci ha colpito è che quelle iperattive sono le potenze che hanno animato il Processo di Astana, uno dei tasselli principali che va condizionando l'attuale sistema internazionale e che permane come asse regolatore degli equilibri tra Iran, Turchia e Russia, tanto da riproporre l'incontro a tre il 19 luglio (e poi di nuovo a Sochi il 5 agosto per nuovi dettagli), dimostrando come Mosca sia tutt'altro che isolata e che è in grado di dare le carte, spartendo aree di influenza e reciproche legittimazioni, giocando sui termini "terrorismo", "operazioni speciali", "forniture" in chiave antioccidentale (magari continuando per certi versi – militari – a farne parte, come Ankara), interpretando in chiave "locale" mediterranea la sfida alla supremazia Occidentale, individuando nell'ascesa cinese la possibilità di scalfirla, sia in forma bipolare – costituendo un cartello di regimi a liberalismo non democratico, oppure mantenendo quel multilateralismo di mani libere che il disimpegno di Trump ha agevolato non contrastandoquell’espansionismo, che fa leva anche sul sentimento anticoloniale del Sud del mondo, che trova una sponda nel l’attivismo militare russo (Wagner) e nei bisogni di nuovi approdi per la Bri cinese. Tutto ciò può preludere a un nuovo ordine globale.
Quell'incontro a Tehran è avvenuto a qualche giorno di distanza dal viaggio mediorientale di Biden: in Israele a suffragare il potere militare di Tel Aviv (e consolidando gli accordi di Abraham, utili ad assicurare alleanze con altrettali autocrazie) e a Riad, dove l'assassino Mbs si è preso il lusso di respingere la richiesta del potente alleato di aumentare la produzione di petrolio: un ritocco fuori dagli organismi dell'Opec – di cui fa parte anche la Russia – sarebbe stata una scelta di campo. Invece lo schieramento è ancora molto liquido e sulla scacchiera le pedine non sono tuttora disposte a precise scelte di campo, come dimostra il muro eretto da entrambi (Israele e sauditi) contro il nucleare iraniano, perché percepito da ambedue come un accordo contro di loro, come nel 2015; come lo stesso grano caricato sulle 10 navi ucraine ancora in stallo a Odessa. Evidentemente non ci sono ancora rassicurazioni valide per tutti o si intravedono margini di trattativa ulteriore in ognuno di questi teatri di scontro, che rappresentano l'intera area (dallo Yemen all'Iraq): «Una parte di mondo si sta orientando diversamente e non è detto che guardino all'Occidente come prima; questa è l'incognita della guerra della Russia: dimostrare che il sistema occidentale che dal 1945 regola il mondo può essere bypassato», chiosa Bressan. E questo si ottiene anche riorientando l'intera economia russa su altri mercati – disponibili e pronti ad assorbire merci sotto embargo –, inficiando sanzioni che si dimostrano inefficaci, come dimostrato dal sistema di isolamento dell'economia iraniana, che non ha mai prodotto risultati.
E da quel porto sul mar Nero con il suo carico di cereali abbiamo cominciato a seguire il ragionamento di Matteo Bressan, che ha ripercorso il format di Astana e le sue soluzioni, che propongono per il futuro una riedizione del passato neo-ottomano (curdi, libici e armeni hanno cominciato ad accorgersene) e neozarista, mentre la mezzaluna sciita si trova alle prese con lo stallo iracheno, il tracollo libanese, lo scacco Jcpoa (accordi che non possono rimanere soltanto meramente tecnici, ma devono venire composti dalle diplomazie); un iter che consente a Erdoğan di presentarsi come mediatore, non avendo abbandonato il campo Nato, ma essendo centrale in questa spartizione di influenze. Il capolavoro di questo processo è rappresentato dall'accordo sul grano, perché a tutti gli effetti vede Turchia e Russia decidere come procedere, come era successo in Artsakh (https://ogzero.org/tag/nagorno-karabakh/), «tagliando fuori tutto il resto del mondo».
Il dubbio che abbiamo sottoposto a Bressan è che si tenda a risolvere la disputa sugli equilibri mondiali in senso non più unipolare tentando da parte delle potenze autocratiche diversamente liberaliste di comporre il dissidio una volta conseguiti i risultati locali minimi, oppure invece procedere a innescare una vera guerra globale che finirebbe con il coinvolgere anche il comparto indopacifico (reale interesse americano che spiega il disimpegno mediorientale all'origine delle spallate di ogni singola potenza locale), stravolgendo il mondo che abbiamo imparato a conoscere dal 1945.
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