Il contratto ai Tempi del Coronavirus
Apr 20, 2020 ·
6m 7s
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La recente diffusione del Coronavirus sul nostro territorio ha colpito tutti gli operatori economici. Un impatto che da un punto di vista strettamente giuridico potrebbe comportare un possibile aumento del...
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La recente diffusione del Coronavirus sul nostro territorio ha colpito tutti gli operatori economici.
Un impatto che da un punto di vista strettamente giuridico potrebbe comportare un possibile aumento del rischio di inadempimento contrattuale da parte delle aziende che hanno assunto determinate obbligazioni commerciali e sulle quali l’attuale epidemia potrebbe avere effetti sospensivi. E anche estintivi.
Coronavirus e inadempimento contrattuale.
L’inadempimento contrattuale, ai sensi dell’art. 1218 c.c., è costituito dalla mancata esecuzione di una prestazione prevista nel contratto. Questo può avvenire per mancanza di volontà, diligenza o di cooperazione nella realizzazione della prestazione oggetto del contratto. Tutto questo a condizione che la prestazione sia soggettivamente possibile.
Infatti la difficoltà nell’adempimento non impedisce la prestazione e la conseguente liberazione del debitore. Ma costituisce soltanto un ostacolo che il debitore è tenuto a superare con la dovuta diligenza.
Il principio di correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto impone a ciascuna delle parti di “agire in modo da preservare gli interessi dell’altra” e costituisce un dovere giuridico autonomo a carico di entrambe le parti del contratto.
Per esonerarsi dalle conseguenze dell’inadempimento delle obbligazioni contrattualmente assunte è necessario provare che l’inadempimento è stato determinato da una “causa a sé non imputabile”.
Causa che è rappresentata non da ogni fattore estraneo che abbia posto una parte nell’impossibilità di adempiere in modo esatto e tempestivo.
Ma solamente da quei fattori che da un canto, non siano riconducibili a difetto della diligenza che il debitore è tenuto ad osservare per porsi nelle condizioni di adempiere e, d’altro canto, siano tali che alle relative conseguenze il debitore non possa con eguale diligenza porre riparo.
L’art. 1218 c.c. pone, infatti, a carico del debitore, per il solo fatto dell’inadempimento, una presunzione di colpa superabile solo con la prova della circostanza specifica che abbia reso impossibile la prestazione. O almeno la dimostrazione che, qualunque sia stata la causa dell’impossibilità, la medesima non possa essere imputabile al debitore.
Coronavirus e gli avvenimenti straordinari e imprevedibili.
L’impossibilità sopravvenuta va distinta dall’eccessiva onerosità sopravvenuta. Questa, infatti, non impedisce la prestazione ma la rende più “onerosa” e consente al debitore di chiedere la risoluzione del contratto o la riduzione della prestazione.
L’eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione, per poter determinare la risoluzione del contratto deve rispondere a due requisiti:
- lo squilibrio tra le prestazioni non previsto al momento della conclusione del contratto
- la riconducibilità della eccessiva onerosità a eventi straordinari e imprevedibili che non rientrano nell’ambito del normale rischio contrattuale.
Il carattere della straordinarietà deve essere valutato in modo oggettivo, in base alla frequenza dell’evento, alle dimensioni, all’intensità, ecc. L’imprevedibilità ha, invece, natura soggettiva.
Perché si verifichi un’eccessiva onerosità sopravvenuta è necessario che gli avvenimenti straordinari e imprevedibili determinino un aggravio patrimoniale che alteri l’originario rapporto tra le parti, incidendo sul valore di una prestazione rispetto all’altra.
E quindi facendo diminuire o cessare l’utilità della controprestazione.
La domanda di risoluzione di un contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione deve essere corredata dalla prova del fatto che abbia determinato una sostanziale alterazione delle condizioni del negozio originariamente convenuto tra le parti e della riconducibilità di tale alterazione a circostanze assolutamente imprevedibili.
Coronavirus e impossibilità della prestazione.
In materia di inadempimento contrattuale ai sensi dell’art. 1256 c.c., l’obbligazione si estingue quando, per causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa impossibile.
Se l’impossibilità è solo temporanea il debitore, finché questa perdura, non è responsabile del ritardo nell’adempimento.
La liberazione del debitore per sopravvenuta impossibilità della prestazione può verificarsi solo se concorrono l’elemento oggettivo dell’impossibilità di eseguire la prestazione e quello soggettivo dell’assenza di colpa da parte del debitore riguardo alla determinazione dell’evento che ha reso impossibile la prestazione.
Tra le cause possibili rientrano gli ordini o i divieti sopravvenuti dell’autorità amministrativa.
Si tratta, in concreto, dei provvedimenti legislativi o amministrativi, dettati da interessi generali, che rendono impossibile la prestazione, indipendentemente dal comportamento dell’obbligato.
In questo caso si parla di circostanza esimente della responsabilità del debitore. A prescindere dalle previsioni contrattuali in essere.
In ogni caso l’impossibilità nell’adempimento contrattuale non può essere invocata quando l’impedimento sia ragionevolmente e facilmente prevedibile, secondo la comune diligenza, all’atto dell’assunzione dell’obbligazione» ovvero «rispetto al quale non abbia sperimentato tutte le possibilità che gli si offrivano per vincere o rimuovere la resistenza della pubblica amministrazione.
Nell’ipotesi, invece, di impossibilità temporanea, l’art. 1256 c.c. esclude fino a quando l’impossibilità permane, la responsabilità del debitore per il ritardo nell’adempimento.
Quindi il debitore, cessata la causa d’impossibilità, deve sempre eseguire la prestazione, indipendentemente da un suo diverso interesse economico che può, eventualmente, far valere sotto il profilo dell’eccessiva onerosità sopravvenuta.
Cosa si può fare?
Alla luce del complesso quadro attuale non è semplice stabilire se il Coronavirus o le misure adottate dal Governo possano costituire una valida causa di impossibilità o di sopravvenuta onerosità delle prestazioni contrattuali assunte dalle imprese.
Gli effetti giuridici del Coronavirus sui contratti stipulati dalle aziende devono essere valutati ed esaminati caso per caso, tenendo conto di una pluralità di fattori come:
- le circostanze a sostegno del ritardo e/o dell’inadempimento contrattuale
- l’incidenza specifica di questi aspetti sulla prestazione
- l’assenza di soluzioni alternative per l’adempimento
- il contenuto delle clausole del contratto
Se vuoi approfondire gli argomenti trattati in questo Podcast oppure altri argomenti correlati vienimi a trovare sul mio blog lexaround.me oppure se mi vuoi contattare o farmi qualche domanda seguirmi sui miei social, l’hashtag è sempre #LexAroundMe e se invece vuoi una consulenza mirata e dedicata tutta per te puoi prenotarla al link https://silviadivirgilio.youcanbook.me/
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Coronavirus e inadempimento contrattuale.
L’inadempimento contrattuale, ai sensi dell’art. 1218 c.c., è costituito dalla mancata esecuzione di una prestazione prevista nel contratto. Questo può avvenire per mancanza di volontà, diligenza o di cooperazione nella realizzazione della prestazione oggetto del contratto. Tutto questo a condizione che la prestazione sia soggettivamente possibile.
Infatti la difficoltà nell’adempimento non impedisce la prestazione e la conseguente liberazione del debitore. Ma costituisce soltanto un ostacolo che il debitore è tenuto a superare con la dovuta diligenza.
Il principio di correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto impone a ciascuna delle parti di “agire in modo da preservare gli interessi dell’altra” e costituisce un dovere giuridico autonomo a carico di entrambe le parti del contratto.
Per esonerarsi dalle conseguenze dell’inadempimento delle obbligazioni contrattualmente assunte è necessario provare che l’inadempimento è stato determinato da una “causa a sé non imputabile”.
Causa che è rappresentata non da ogni fattore estraneo che abbia posto una parte nell’impossibilità di adempiere in modo esatto e tempestivo.
Ma solamente da quei fattori che da un canto, non siano riconducibili a difetto della diligenza che il debitore è tenuto ad osservare per porsi nelle condizioni di adempiere e, d’altro canto, siano tali che alle relative conseguenze il debitore non possa con eguale diligenza porre riparo.
L’art. 1218 c.c. pone, infatti, a carico del debitore, per il solo fatto dell’inadempimento, una presunzione di colpa superabile solo con la prova della circostanza specifica che abbia reso impossibile la prestazione. O almeno la dimostrazione che, qualunque sia stata la causa dell’impossibilità, la medesima non possa essere imputabile al debitore.
Coronavirus e gli avvenimenti straordinari e imprevedibili.
L’impossibilità sopravvenuta va distinta dall’eccessiva onerosità sopravvenuta. Questa, infatti, non impedisce la prestazione ma la rende più “onerosa” e consente al debitore di chiedere la risoluzione del contratto o la riduzione della prestazione.
L’eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione, per poter determinare la risoluzione del contratto deve rispondere a due requisiti:
- lo squilibrio tra le prestazioni non previsto al momento della conclusione del contratto
- la riconducibilità della eccessiva onerosità a eventi straordinari e imprevedibili che non rientrano nell’ambito del normale rischio contrattuale.
Il carattere della straordinarietà deve essere valutato in modo oggettivo, in base alla frequenza dell’evento, alle dimensioni, all’intensità, ecc. L’imprevedibilità ha, invece, natura soggettiva.
Perché si verifichi un’eccessiva onerosità sopravvenuta è necessario che gli avvenimenti straordinari e imprevedibili determinino un aggravio patrimoniale che alteri l’originario rapporto tra le parti, incidendo sul valore di una prestazione rispetto all’altra.
E quindi facendo diminuire o cessare l’utilità della controprestazione.
La domanda di risoluzione di un contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione deve essere corredata dalla prova del fatto che abbia determinato una sostanziale alterazione delle condizioni del negozio originariamente convenuto tra le parti e della riconducibilità di tale alterazione a circostanze assolutamente imprevedibili.
Coronavirus e impossibilità della prestazione.
In materia di inadempimento contrattuale ai sensi dell’art. 1256 c.c., l’obbligazione si estingue quando, per causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa impossibile.
Se l’impossibilità è solo temporanea il debitore, finché questa perdura, non è responsabile del ritardo nell’adempimento.
La liberazione del debitore per sopravvenuta impossibilità della prestazione può verificarsi solo se concorrono l’elemento oggettivo dell’impossibilità di eseguire la prestazione e quello soggettivo dell’assenza di colpa da parte del debitore riguardo alla determinazione dell’evento che ha reso impossibile la prestazione.
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Si tratta, in concreto, dei provvedimenti legislativi o amministrativi, dettati da interessi generali, che rendono impossibile la prestazione, indipendentemente dal comportamento dell’obbligato.
In questo caso si parla di circostanza esimente della responsabilità del debitore. A prescindere dalle previsioni contrattuali in essere.
In ogni caso l’impossibilità nell’adempimento contrattuale non può essere invocata quando l’impedimento sia ragionevolmente e facilmente prevedibile, secondo la comune diligenza, all’atto dell’assunzione dell’obbligazione» ovvero «rispetto al quale non abbia sperimentato tutte le possibilità che gli si offrivano per vincere o rimuovere la resistenza della pubblica amministrazione.
Nell’ipotesi, invece, di impossibilità temporanea, l’art. 1256 c.c. esclude fino a quando l’impossibilità permane, la responsabilità del debitore per il ritardo nell’adempimento.
Quindi il debitore, cessata la causa d’impossibilità, deve sempre eseguire la prestazione, indipendentemente da un suo diverso interesse economico che può, eventualmente, far valere sotto il profilo dell’eccessiva onerosità sopravvenuta.
Cosa si può fare?
Alla luce del complesso quadro attuale non è semplice stabilire se il Coronavirus o le misure adottate dal Governo possano costituire una valida causa di impossibilità o di sopravvenuta onerosità delle prestazioni contrattuali assunte dalle imprese.
Gli effetti giuridici del Coronavirus sui contratti stipulati dalle aziende devono essere valutati ed esaminati caso per caso, tenendo conto di una pluralità di fattori come:
- le circostanze a sostegno del ritardo e/o dell’inadempimento contrattuale
- l’incidenza specifica di questi aspetti sulla prestazione
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Author | Avv. Silvia Di Virgilio |
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