l'istinto di Lara. Emilia Tartaglia Polcini, Graus edizioni, Napoli-(P. Giustiniani)

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domenica 9 febbraio 2025, ore 11,00 presso il complesso monumentale di Santa Maria la nova di Napoli, per la rassegna Books&Museum si è tenuta la presentazione di l'istinto di Lara,...
show moreSi nota la penna di chi è adusa ai racconti brevi e alle pièces teatrali anche in questo, che definirei romanzo di formazione, i cui brevi ed efficaci capitoli, non numerati, si susseguono avvincenti, per farci percepire via via, per così dire in diretta, i vari aspetti di quello che il titolo del libro denomina, appunto, istinto di Lara. È, per molti aspetti, il medesimo istinto della mamma Mélanie, che si era trovata a fungere da moglie di un improbabile «pavone», il marito, che, nonostante lei presente, era capace di gonfiarsi «accanto a quella improbabile compagna poco più grande di sua figlia» (pagina 54). Un istinto che conduce presto Lara ad avere terrore di suo padre (confronta pagine 62 e 63), anche perché egli, con i suoi modi e i suoi iterati e sfrontati tradimenti con la sua “gattina” (pagina 49), stava facendo sì, come leggiamo testualmente, che tutto crollasse (sia relazioni che sentimenti, sia passioni che hobbies che non fossero i suoi); tutto ciò stante il fatto, subito evidente, che «il suo matrimonio stava cadendo a pezzi» (pagina 48).
Il padre vive da solo, pur stando insieme alla moglie, all’amica di lei, e alla figlia; è un magnate delle costruzioni (confronta pagina 115), che può disporre perfino di voli aerei non di linea, ma non sa volare più in alto del proprio organo genitale; ma soprattutto, egli appare preso dai suoi hobbies, purché sempre lucrativi, come quello della spumantizzazione dei suoi prodotti vinicoli, che egli va propagandando perfino in ambiente giapponese, cioè «in un paese che solo in tempi moderni si comincia ad aprire alla cultura occidentale del consumo del vino» (pagina 115). I brevi capitoli narrativi presentano, ogni tanto, delle parti stampate in corsivo: sono quasi il commento di un coro dell’antico teatro greco, nel senso che, periodicamente, l’Autrice si ritaglia dei propri spazi: in queste linee di scrittura, ella presenta le proprie osservazioni sui fatti, sul clima, sull’ambiente, sulle vicende, sulle anime, sull’emotività…; soprattutto lo fa in quelle righe in cui le vicende narrate danno il senso dei pochi momenti – effimeri!, così come apre e chiude il capitolo alle pagine da 37 a 39 – in cui qualche bagliore di felicità sembra farsi strada all’orizzonte.
Tra le altre, la parte in corsivo delle pagine da 60 a 65, racconta, in contro-canto, il vero e proprio “terrore” che Lara ha di suo padre, anche perché lui non condivide quella che considera, testualmente, «quella stupida attività del balletto» (pagina 61); si tratta di una caratteristica ripetuta in un altro passaggio in corsivo, laddove Lara «un po’ alla volta, nei confronti di suo padre… aveva preso corpo un vero e proprio terrore» (pagina 63) Il mondo di persone e ambienti evocato da queste pagine non appartiene alla plebe, ma all’alta borghesia impegnata in affari e transazioni internazionali, particolarmente nella produzione dell’industria vinicola; si tratta della famiglia dei Castaldi di Lomellina, il cui esponente - e padre di Lara – è, appunto, Filippo Castaldi di Lomellina: un uomo con un forte debole per la sensualità carnale che, nell’intreccio, lo porta a introdurre la sua amante nel momento della festa di compleanno della moglie, oppure a farla addirittura vivere in casa insieme con la figlia Lara, negli anni in cui la moglie, a seguito di una caduta da cavallo - accaduta a seguito del terribile momento del tradimento di lui, quando ella scopre che il marito non disdegna sdolcinature pubbliche con l’amante.
Ormai la mamma di Lara, nonostante la sua fantasia molto fervida, vive altrove in stato neurovegetativo. Schiavo, come un adolescente, del fascino femminile di una escort, come quando la narrazione in corsivo osserva che Lara «vide suo padre Filippo che… accompagnava una giovane donna all’auto e come un adolescente si spendeva in effusioni, promettendole di raggiungerla quanto prima» (pagina 65). Un «vanesio fino alla fine» (pagina 152), come sentenzierà l’ormai matura e a sua volta coniugata Lara (a cui un giovane finalmente ruba il cuore: pagina 85), di fronte alla tomba del padre, «nel Cimitero monumentale di Milano, dove era stato sepolto dopo essersi fatto cremare» (pagina 152). Pur appartenendo a questo mondo, fatto anche di camerieri, governanti, viaggi per affari in tutta Europa o in Giappone, Lara è un tipo a sé: «non amava quelle feste e neanche quelle persone… detestava la poca genuinità degli ospiti» (pagina 13). Ama la danza, prima quella europea (dove sarà prima ballerina nel ruolo di Odette nel famoso balletto Il lago dei cigni: confronta pagina 77); e poi quella giapponese (nella danza tradizionale Nihon Buyo: pagina 98), nel corso della quale subirà una grave caduta, che l’abbatte per un periodo ma non la doma. Lara più figlia della mamma che del padre, nel senso che la mamma Mélanie, a sua volta figlia di genitori appartenenti entrambi a famiglie nobili, aveva inoculato in Lara la simpatia per mondi differenti, non condivisi dal più pragmatico Filippo: «Se per Mélanie la musica era l’essenza della vita, per la figlia la danza era vita». Inoltre, mamma Mélanie - ricorda una pagina in corsivo - «dolce e gentile come sua figlia, aveva subito legato con quella cagnolina» (pagina 62), la cagnolina di Lara, anche essa distrutta in malo modo dal pragmatico Filippo. Lara mostra di averne compreso la struttura personale: oltre che traditore della coniuge, Filippo ha quasi la vocazione «di rovinare tutto come sempre!» (pagina 79), anche se la figlia lo ama e spererebbe – invano – di vederlo in prima fila a guardarla ballare (confronta pagina 82). Ma forse il pregio non apparente del libro e dell’istinto di Lara, ben reso dalla colorata copertina, che evoca opportunamente Parigi e Tokyo, è quello di descrivere le relazioni interpersonali: quelle che sono di sangue e che spesso sono interrotte dai temperamenti e dai caratteri; quelle nascono dalla frequentazione interpersonale e che spesso si sfilacciano nella stessa relazione matrimoniale; come accade la sera della sua festa di compleanno alla moglie di Filippo che, neppure immaginando che il décolleté donatogli dal marito Filippo era identico a quello che il fedifrago aveva donato anche all’amante Rosemary, vede incrinarsi quella relazione che lei avrebbe voluto ricostruire come una relazione da fiaba (confronta pagina 52). Una relazione che si scioglie ben presto, come il semifreddo preparato come dolce finale della festa di compleanno, che, scrive l’Autrice con ironia partecipata, «si stava sciogliendo insieme alle ultime candeline accese, e quell’immagine di disfacimento era perfetta per la situazione» (pagina 59). Le relazioni stanno più nei ricordi – nei momenti pescati nella memoria che nella cruda realtà. Per esempio, nel ricordo di Lara piccolina, quando aveva trascorso da piccola una vacanza in montagna (confronta pagine da 74 a 75); oppure quando la protagonista, ultimata con la caduta e le fratture la sua esperienza in Giappone, desidera «ora più che mai, di respirare l’aria di casa, di nutrirsi dei ricordi più belli e di lottare per ricostruire un briciolo di normalità» (pagina 133), magari con la terapie dei boschi o delle piante, o anche con l’ippoterapia: «Cavalcare veloce le avrebbe alleviato quel senso di oppressione e di angoscia per il futuro» (pagina 93). Ma soprattutto, come accade nel capitolo che porta il medesimo nome del libro (pagine da 142 a 150), prima dell’Epilogo, quando «sapeva di essere su una moto con un tipo incontrato per caso. Non era nel suo stile accompagnarsi a gente mai vista, tanto meno lanciarsi all’avventura così, come una scapestrata» (pagina 149).
Pasquale Giustiniani per Books&Museum
Napoli
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