La storia di NennolinaGli presentavano dei bambini perché li accarezzasse, ma i discepoli li rimproverarono. Gesù, al vedere questo, s'indignò e disse loro: "Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio”.(Marco 10,13-14) Storie di santità fra i bambini se ne riscontrano tante ai nostri giorni, e molti di loro attraversano l'oscura e terribile notte della malattia mortale. Sia chiaro. Non sono racconti di cronaca, sono storie di santità. Il dolore di un bambino è assurdo. Non ha spiegazioni. E non ha paragoni la sofferenza di una madre che vede soffrire e morire un figlio. Ma alla luce della fede, vogliamo raccontare quello spiraglio di mistero che si apre nelle tenebre del dolore. Il paradosso della fede ci hanno testimoniato questi bambini, per dirci che esiste qualcosa di più grande ed è nascosto dietro le pieghe terribili del loro dolore. Oggi, ne vogliamo raccontare una che ha toccato i cuori di tanti nel secolo scorso e che forse ha dato il via alla schiera degli innocenti martiri dei nostri tempi. Si tratta di Nennolina. Siamo negli anni Trenta del secolo scorso e tutto va riconsiderato secondo quella cultura. Il linguaggio stesso forse non è più orecchiabile, ma ciò che conta sarà ascoltare il cuore dei personaggi che hanno vissuto questa storia. In primis la nostra amica Antonietta Meo, la quale nasce il 15 dicembre 1930 in una famiglia benestante di Roma. È l'ultima di quattro fratelli due dei quali morti in tenerissima età, prima ancora della sua nascita. L'altro nome, Nennolina, nacque per caso: « Il nome di Antonietta sembrava troppo lungo, pensammo di chiamarla con un diminutivo. Dopo diversi pareri decidemmo per Nenne. Di qui, poi, il vezzeggiativo Nennolina ». Antonietta è una bambina normale, vivacissima che mostra un carattere forte. C'è bisogno di tutta la fermezza e la capacità di persuasione dei genitori per educarla. Era molto attratta dal gioco, dal mare, dai prati in fiore. Sua madre racconta: « Sui prati Antonietta poteva correre a suo piacere e comporre mazzi di fiori che poi mi offriva, felice, oppure me li consegnava perché adornassero il quadro della Madonna...». La mamma è molto pia, ma anche il padre ha una fede viva e a casa si prega insieme. Il padre in proposito ricorda: «Antonietta recitava il rosario in ginocchio, facendo scorrere fra le sue manine i grani della sua bianca coroncina. La sua personcina rimaneva molto composta. Talvolta, anche durante il giorno, chiedeva alla mamma di recitarlo ». Non aveva ancora compiuto cinque anni quando i suoi genitori notano un rigonfiamento al ginocchio sinistro. Dopo qualche diagnosi e cure sbagliate, la sentenza: osteosarcoma. Si deve assolutamente operare e l'intervento è fissato per il sabato 25 aprile.Il 23 aprile 1936, la mamma è completamente spiazzata. Ha già conosciuto la morte di un figlio anzi di due. La morte, a quei tempi camminava sugli stessi binari della vita, ma mai una madre si potrà abituare alla sofferenza di un figlio. Così prende coraggio e usando le categorie spirituali del tempo decide di cominciare a prepararla all'amputazione della gamba: « Incominciai a parlarle di Gesù: del suo amore, di quello che aveva sofferto per noi. Poi, trepidante, mentre il cuore mi vibrava forte, le domandai: "Se Gesù ti domandasse tutti i tuoi giocattoli, glieli daresti?"."Sì, mamma!""Se Gesù ti domandasse una delle tue manine, gliela daresti?"."Sì, mamma, se Gesù vuole, gli dò anche la mia manina!"Poi, fissandomi seria, seria, domandò: "Perché mi dici così?"Mi alzai di scatto: un nodo mi stringeva la gola e m'impediva di parlare.Uscii fuori e piansi... » Il 25 aprile del 1936 le viene amputata la gamba.Trascorsi tre o quattro giorni dall'amputazione, riacquista in pieno la sua allegra vivacità e incomincia a cantare.Per mezzo della grazia soprannaturale, Antonietta, a quell'età - 5 anni e 4 mesi - si era formata un concetto del valore della sofferenza, incomprensibile senza una gra...
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