Lettera #52 Cina e Germania: un matrimonio in crisi?
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In Cina la conferma di Xi Jinping per un terzo mandato non è stata accolta molto positivamente.
Il Pil cinese cresce, ma quest’anno sotto le attese, la grana immobiliare continua a essere una spina nel fianco con i prezzi che continuano a scendere, nonostante gli interventi del governo cinese che cerca di puntellare il settore con interventi di liquidità.
Dopo lo scoppio di diversi scandali finanziari, fra cui il più grande è quello collegato al gigante del settore Evergrande, molti cinesi hanno iniziato addirittura a boicottare il pagamento dei mutui visto che il “fine lavori” potrebbe non arrivare mai per diversi colossi immobiliari che non hanno soldi sufficienti per completare gli immobili che già hanno venduto sulla carta.
Il blocco del settore immobiliare, poi, ha fermato uno dei motori più importanti del mercato del lavoro con il tasso di disoccupazione che sta salendo drasticamente in Cina e il vento della recessione mondiale certo non aiuta un Paese che era diventato “la fabbrica del mondo”. Capace di produrre nel grafico solo di qualche anno fa pubblicato sull’Economist quanto Stati Uniti, Giappone e Germania messi insieme.
E con una base industriale senza eguali in ampiezza e profondità, potendo sfornare di tutto, dalla fascia bassa (calzature e giocattoli) alla fascia alta (biotecnologie).
Durante la pandemia, la Cina aveva ulteriormente aumentato le esportazioni, ma da qualche tempo il vento è decisamente cambiato.
La preoccupazione che troppa produzione fosse stata trasferita all'estero, in Cina ha motivato prima l’amministrazione Trump (e poi la stessa amministrazione Biden) a imporre dazi sui prodotti cinesi e a riportare in patria o in Paesi più democratici la produzione. La guerra aperta dalla Russia contro l’Ucraina ha peggiorato ulteriormente quest’anno il quadro, accelerando il processo di deglobalizzazione.
E’ interessante notare che fra i Paesi che stanno soffrendo di più l’attuale situazione economica e finanziaria vi è la Germania che, anno dopo anno, come si vede anche nel grafico, ha visto la sua industria perdere quota e si ritrova oggi all’interno dell’Unione Europea a crescere più lentamente di tutti e questo per effetto non solo della guerra in Ucraina e della dipendenza energetica da Mosca.
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