Omelia Epifania del Signore - Anno C (Mt 2,1-12)
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show moreOMELIA EPIFANIA DEL SIGNORE - ANNO C (Mt 2,1-12) di Giacomo Biffi
L'Epifanìa è il giorno in cui siamo chiamati a contemplare la realtà stupefacente di un Dio che - invece di star rinchiuso nella sua lontana e inaccessibile infinità - decide di arrivare fino a noi col suo fulgore, si rivela agli occhi umani, si dona alla nostra comprensione e alla nostra affettuosa contemplazione.
E' dunque il lieto annuncio che le molte oscurità che intristiscono l'esistenza sono dissipate e vinte da una luce dall'alto. "Su di te risplende il Signore" (cfr. Is 60,2), abbiamo ascoltato nella prima lettura da una voce profetica.
Questa è la bella notizia dell'Epifanìa: "i giorni infausti e brevi" che trascorriamo quaggiù, li sappiamo ormai illuminati da un superiore destino di gioia che li congloba e li trascende. È, come si vede, la grande festa della "manifestazione di Dio".
Ci avvediamo subito che quella odierna non è, in fondo, una celebrazione diversa da quella del Natale. E' piuttosto una sua chiarificazione e un suo intrinseco compimento.
È PRIMA DI TUTTO UNA CHIARIFICAZIONE
Anche il Natale è la manifestazione - la "epifanìa" autentica e sostanziale - di un Dio che, per farsi conoscere e amare, addirittura si è fatto nostro fratello: "Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria" (Gv 1,14), ha scritto nel suo prologo l'evangelista Giovanni.
Ma gli uomini corrono spesso il pericolo di dare interpretazioni forvianti ai disegni divini, soprattutto quando si lasciano influenzare dalle ideologie dominanti.
La festa dell'Epifanìa vuol preservarci appunto da qualcuno di tali malintesi.
Ciò che è avvenuto nella notte di Betlemme, non ha avuto risonanza nella società. Uno potrebbe dedurne che la salvezza di Dio deve sempre restare nascosta, avvolta nell'oscurità e nel nascondimento; e quindi - si può arrivare a pensare - anche l'azione della Chiesa (che tale salvezza custodisce e propone) ha da essere il più possibile "sotterranea": non deve cioè farsi sentire troppo all'esterno, non deve disturbare gli altri, deve umilmente mimetizzarsi entro la scena mondana.
L'Epifanìa ci dice che il contrario è vero: nell'episodio dei Magi, il re, le autorità, l'intera Gerusalemme, i responsabili della cultura, sono tutti raggiunti e inquietati dal messaggio che viene dal cielo.
Certo, Dio comincia da coloro che sono semplici e umili, perché sono i più cari al suo cuore: questo è il significato del Natale. Ma non desidera affatto che la sua iniziativa redentrice resti nascosta e quasi clandestina: questo è il significato dell'Epifanìa.
"Quello che vi dico nelle tenebre, ditelo nella luce; e quello che ascoltate all'orecchio, predicatelo sui tetti" (Mt 10,27): sono parole di Gesù, e possono essere considerate il programma "epifanico", che è vincolante nell'azione pastorale della Chiesa, è l'impegno "epifanico" di ogni battezzato. Propria di ogni battezzato è appunto la vocazione a diventare un forte e chiaro annunciatore di Cristo e del suo Regno.
Ancora, ciò che è avvenuto a Betlemme (dove gli angeli hanno parlato soltanto ai pastori, poveri e analfabeti) potrebbe indurre qualcuno a ritenere che i "ricchi" - ricchi non solo di censo, ma anche di cultura, d'informazione, di potere, di fama - non siano tra i destinatari della missione del Figlio di Dio. Ed è sicuro che essi non sono tra i più favoriti e i più facilitati a capire il Vangelo, tanto è vero che il Signore ha detto: "Ti benedico, o Padre, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti, e le hai rivelate ai piccoli" (cfr. Mt 11,25).
Ma la vicenda dei Magi - che arrivano ad adorare il Messia, pur essendo così benestanti da poter portare oro in regalo e così istruiti da saper scrutare e interpretare il corso degli astri - ci dice che nessuno è escluso irrimediabilmente (per la sola ragione della sua condizione mondana) dalla misericordia di quel Dio "il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità" (1 Tm 2,4).
Perché Gesù ha detto anche: "Ciò che non è possibile umanamente parlando, è possibile a Dio" (cfr. Lc 19,27); e così ha dato speranza persino ai potenti orgogliosi, ai danarosi sazi e insaziabili, agli intellettuali pieni di sé, purché però essi seguano l'esempio dei Magi e, abbandonata la loro opulenta desolazione, si pongano seriamente in cammino verso Betlemme.
UN COMPLETAMENTO DELL'INSEGNAMENTO DEL NATALE
L'insegnamento dell'Epifanìa non è solo una provvidenziale chiarificazione dell'insegnamento del Natale; è anche un suo necessario e organico completamento.
Nel Natale noi abbiamo adorato un Dio che è venuto a incontrarci. Nell'Epifanìa ci rendiamo conto che, in risposta, anche l'uomo deve muoversi incontro al suo Dio: dobbiamo diventare ricercatori di colui che ci ha ricercati per primo.
Senza dubbio le due ricerche non sono tra loro confrontabili, se non altro per la ragione che il Signore è l'iniziatore, l'ispiratore, il sostegno anche del nostro tendere a lui. E' lui che infonde nell'uomo la consapevolezza pungente della sua radicale insufficienza e lo spinge a indirizzarsi verso colui che è l'Assoluto e l'Eterno.
E tuttavia l'anèlito verso la Divinità è anche qualcosa di nostro, fa parte della nostra indole di invincibili indagatori delle ultime cause, e non può essere mortificato e soffocato in noi dalla molteplicità e dalla prepotenza delle attrattive e delle preoccupazioni mondane.
Se Dio è venuto fino a noi nel Natale, è giusto e doveroso che anche noi tentiamo di andare a lui, uscendo da una vita superficiale e pigra, senza palpiti e senza fremiti di rinnovamento. E' l'esempio e l'incitamento che ci viene dai Magi, come dai Magi ci viene la fiducia che possiamo anche noi conseguire il traguardo della nostra ricerca e trovare Dio.
Trovano Dio coloro che, come i Magi, sanno guardare non solo in terra ma anche in cielo, e si aprono senza resistenze a una luce e a un'energia che sono date infallibilmente dall'alto a chi le chiede con cuore sincero.
Trovano Dio coloro che, come i Magi, hanno il coraggio di lasciare le abitudini di comodità, di vita mediocre, di incoerenza morale, per obbedire alla voce della coscienza che propone una più perfetta obbedienza alla legge interiore e ai più elevati ideali.
Trovano Dio coloro che, come i Magi, per amore della verità e della giustizia, non temono di sfidare la mentalità più diffusa e non si lasciano intimidire dalle ironie di chi vive ricurvo sulla terra e non può tollerare chi invece ha deciso di raddrizzarsi e di innalzare il suo sguardo.
"Movétevi - ci dicono oggi i Magi - e fate almeno qualche passo in più verso il Signore che già si è mosso verso di noi". E' la semplice e decisiva lezione di vita di questa bella festa dell'Epifanìa.
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