Omelia V Dom. di Quaresima - Anno C (Gv 8,1-11)
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I farisei cercano di mettere in difficoltà Gesù, presentandogli una donna sorpresa in flagrante adulterio. La Legge mosaica imponeva la lapidazione per donne del genere, e ora i farisei chiedono il parere a Gesù. Se avesse apertamente detto di no alla lapidazione, Egli sarebbe andato contro la Legge mosaica; se avesse detto di sì, avrebbe trasgredito la legge romana che proibiva la lapidazione, e inoltre sarebbe andato contro il suo stesso messaggio di misericordia.
Inizialmente Gesù si mette a scrivere con il dito per terra. Questo particolare, apparentemente indifferente, ha anch'esso la sua importanza: prima di tutto esprime tutto il suo disinteresse per le trame dei farisei e, in secondo luogo, si riferiscono probabilmente a quanto scriveva il profeta Geremia: «Quanti si allontanano da te saranno scritti nella polvere, perché hanno abbandonato la fonte di acqua viva, il Signore» (17,13). Con questo gesto simbolico Gesù fa capire ai suoi interlocutori che anch'essi erano pieni di peccati, che avevano anch'essi abbandonato il Signore, la fonte di acqua viva.
Gesù allora dice: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei» (Gv 8,7). A questa risposta di Gesù viene in mente quanto scrive, nella sua Regola, san Francesco d'Assisi: «Ciascuno giudichi e disprezzi se stesso». Non possiamo condannare il nostro prossimo quando siamo noi ad essere carichi di peccati. Sempre pronti a puntare il dito contro il nostro fratello, noi siamo molto bravi a scusare i nostri difetti. Sull'esempio dei Santi dobbiamo fare invece il contrario.
Dopo questa frase di Gesù, se ne andarono tutti via, «uno per uno, cominciando dai più anziani» (Gv 8,9). Rimangono allora soli, la misera e la Misericordia, come scriveva sant'Agostino. Gesù non condanna la donna peccatrice e neppure l'approva, ma l'incoraggia sulla via del ritorno, della conversione, dicendole: «Neanch'io ti condanno; va' e d'ora in poi non peccare più» (Gv 8,11).
Gesù perdona la donna peccatrice e questa frase: «Va' e d'ora in poi non peccare più», Gesù la ripete anche a noi ogni volta che ci accostiamo al sacramento della Confessione. Siamo peccatori e, in quella donna adultera, c'eravamo anche noi, che troppe volte siamo infedeli a Dio, ci allontaniamo dalla Fonte d'acqua viva e ci imbrattiamo nel fango della nostra miseria.
Il Vangelo di oggi è un invito a una profonda conversione, a iniziare una vita nuova e a lasciarci dietro le spalle il nostro passato fatto di peccati e di infedeltà. Nella prima lettura abbiamo ascoltato le parole del profeta Isaia il quale esortava: «Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche» (43,18); e, ancora più chiaramente san Paolo, nella seconda lettura di oggi, così scriveva ai Filippesi: «Dimenticando ciò che mi sta alle spalle e proteso verso ciò che mi sta di fronte, corro verso la meta, al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù» (Fil 3,13-14).
Dimenticarsi dei peccati passati significa pentirsi profondamente e avere un sincero proposito di non commetterli mai più, costi quel che costi. Come Dio li dimentica, così anche noi dobbiamo cancellarli definitivamente e iniziare una vita nuova.
Il Vangelo di oggi ci insegna inoltre a non considerare il peccato del prossimo, a non condannare il fratello. Questo è il giusto atteggiamento da prendere nei confronti dei peccatori. Gesù odia profondamente il peccato, ma ama immensamente il peccatore. Così dobbiamo fare anche noi: rispettare e amare il peccatore, ma combattere senza mezze misure il peccato.
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