Omelia VI domenica del Tempo Ordinario - Anno A (Mt 5,17-37)
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Il brano del Vangelo che abbiamo appena ascoltato è ricco di spunti per la nostra riflessione ed è difficile approfondire ogni tema in una sola omelia. Cercheremo di riassumere tutto nel modo più semplice. Gesù insegna ai suoi discepoli e dice: «Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento» (Mt 5,17). Poi, a conferma di tutto ciò, afferma che non passerà un solo "iota" o un solo "trattino" della Legge. Lo "iota" era la più piccola lettera dell'alfabeto ebraico e i "trattini" erano dei segni posti per distinguere bene le lettere simili. In poche parole, Gesù afferma che il Nuovo Testamento non è contro l'Antico Testamento, ma lo perfeziona.
Durante l'esodo, Dio aveva dato la Legge ad Israele per mano di Mosé. Ogni israelita era pienamente consapevole di questo: Dio è l'autore della Legge mosaica. Ora, con la predicazione di Gesù, avviene qualcosa di molto importante. Gesù, infatti, afferma più volte in questo brano di Vangelo: «Avete inteso che fu detto agli antichi: Non ucciderai [...]. Non commetterai adulterio [...]. Non giurerai il falso [...]. Ma io vi dico [...]». Con questa affermazione: «Ma io vi dico», Gesù voleva chiaramente perfezionare la Legge che Dio aveva dato a Mosé e intendeva chiaramente insegnare che Lui è Figlio di Dio, quindi Dio stesso. Solo Dio, infatti, può portare a perfezione ciò che Lui stesso ha dato. Quale uomo potrebbe presumere tanto? Questo piccolo particolare è un chiaro insegnamento riguardante la Divinità di Gesù: Egli è il Figlio di Dio.
In che cosa ha perfezionato la Legge antica? In questo discorso riportato dal brano evangelico di oggi, Gesù perfeziona il quinto, il sesto e il secondo Comandamento. Il quinto Comandamento dice: «Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio» (Mt 5,21). Gesù porta a compimento questo comando di Dio facendoci comprendere che si calpesta questo precetto non solo uccidendo materialmente qualcuno, ma anche con l'odio e il rancore. Spesso si sente dire: «Io sono a posto, non ho ucciso e non ho rubato». A parte il fatto che i Comandamenti non sono due ma sono dieci, rimane da dire che tante volte non si uccide con una pistola o una spada, ma con la propria lingua, seminando calunnie e cattiverie contro il nostro prossimo. Giustamente si dice che ne uccide più la lingua che la spada. In poche parole, alla luce dell'insegnamento di Gesù, per osservare il quinto Comandamento non basta non uccidere e non odiare, bisogna amare anche i nostri nemici e pregare per loro.
Il sesto Comandamento dice: «Non commetterai adulterio» (Mt 5,27). Gesù porta alla perfezione questo comando, dicendo: «Chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore» (Mt 5,28). Per osservare bene questo Comandamento, dunque, bisogna evitare gli sguardi pericolosi e bisogna combattere contro i pensieri molesti. I pensieri si possono paragonare a delle mosche fastidiose: l'importante è cacciarle sempre via pregando e distogliendo la mente. Il "sentire" non è l'"acconsentire"; e, finché si combatte, non si è ancora caduti. Gesù, inoltre, ci dà un grande insegnamento per riuscire ad osservare il sesto Comandamento: bisogna fuggire le occasioni prossime di peccato. Così devono essere interpretate le esigenti parole di Gesù: «Se il tuo occhio destro ti è motivo di scandalo, cavalo e gettalo via da te...» (Mt 5,29). Non sono parole da prendere alla lettera, ma da interpretare nel senso che dobbiamo essere decisi ad allontanare dalla nostra vita tutto ciò che è di pericolo per la purezza del nostro cuore. Pensiamo a certe false amicizie, a certi divertimenti pericolosi, a certi spettacoli indecenti, ecc. Se uno scherza con il fuoco si brucia anche senza volerlo. San Filippo Neri insegnava che questa battaglia – la battaglia per la purezza – si vince fuggendo, ovvero allontanando tutte le occasioni pericolose.
Il secondo Comandamento insegna di non pronunciare invano il Nome del Signore. Da ciò si capisce che giurare il falso va contro questo precetto, dal momento che giurare significa prendere Dio come testimone di ciò che si sta dicendo. Gli ebrei erano consapevoli di questo e consideravano un grande peccato giurare il falso. Gesù però dice: «Non giurate affatto, né per il cielo, perché è il trono di Dio, né per la terra [...]. Sia invece il vostro parlare: sì, sì, no no; il di più viene dal Maligno» (Mt 5,34-37). La Chiesa insegna che è un peccato grave giurare il falso e che è un peccato veniale – comunque sempre un peccato – giurare il vero in cose di poco conto. Giurare è qualcosa di molto serio e può essere fatto, secondo l'insegnamento costante della Chiesa, solo per cose molto importanti, pensando che, in quel momento si prende Dio come testimone. Da ciò si comprende come sia brutto giurare per cose da poco; o, peggio ancora, per cose false.
Ecco l'insegnamento di questa pagina di Vangelo. Esso ci insegna a non limitarci ad una osservanza solo esteriore, ma a purificare profondamente il nostro cuore. Maria Santissima, la prima Discepola di Gesù suo Figlio, ci insegni ad essere fedeli a queste parole.
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