Schiava di Boko Haram, pregava Dio e oggi è libera
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TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7807 SCHIAVA DI BOKO HARAM, PREGAVA DIO E OGGI E' LIBERA Forza, perseveranza e fede. È la storia di Deborah, prigioniera di Boko Haram per quasi due...
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Forza, perseveranza e fede. È la storia di Deborah, prigioniera di Boko Haram per quasi due anni, confinata tra le mura di un complesso nel nord della Nigeria. Ogni mattina, le veniva richiesto di svegliarsi presto, lavarsi, eseguire preghiere musulmane e frequentare le lezioni alla moschea. Poi, si lavorava e pregava di nuovo prima di tornare dal "marito" impostole quella settimana. Perché sì, era stata costretta a "sposare" diversi "mariti", circa uno ogni due settimane. Ricordiamo che Boko Haram è un'organizzazione terroristica formata nei primi anni 2000, con sede nel nord-est della Nigeria. I suoi militanti sono responsabili di migliaia di morti e dello sfollamento di milioni di persone.
Boko Haram ha preso di mira soprattutto i cristiani nel nord della Nigeria per stabilire uno stato islamico, portando a numerosi attacchi a villaggi, chiese e individui cristiani. Fin da giovane a Deborah è stata trasmessa la fede dalla madre, suo padre infatti non era cristiano e spesso si arrabbiava quando andavano in chiesa o pregavano. Ultimo ricordo della sua vita prima della prigionia: Il 5 settembre, quando Deborah ha dato alla luce la sua seconda figlia. Il giorno dopo il gruppo terroristico radicale ha invaso il suo villaggio natale, Chibok. «Quando ho sentito un colpo di pistola, mi sono precipitato fuori, solo per trovare mio marito sdraiato morto alla porta di casa», ha raccontato Deborah.
Si affrettò a tornare dentro, ma gli uomini che sbattevano sulla sua porta: «Mi hanno detto di aprire la porta o di essere ucciso», ha detto Deborah. Rifiutandosi, gli uomini spararono alla porta, la aprirono e presero Deborah e le sue due figlie con la forza. Deborah, come altri prigionieri cristiani, fu costretta a convertirsi all'Islam. I prigionieri cristiani furono umiliati e isolati prima di essere costretti alla conversione. «Quando nuovi gruppi di cristiani sono stati catturati e non si erano ancora convertiti all'Islam, ci è stato detto di non parlare con loro perché erano infedeli», ha riportato. Ma nonostante fosse costretta a convertirsi esteriormente, Deborah si aggrappava alla sua fede in Cristo, «Ogni volta che mi inginocchiavo per pregare, supplicavo silenziosamente Dio di salvarmi dalle loro mani», ha proseguito, «ho pregato, chiedendomi come sarebbe andata la mia vita e cosa ne sarebbe stato dei miei figli».
Una notte, dopo quasi due anni di sofferenza, Deborah è stata graziata da un miracolo: ha trovato la porta del loro complesso aperta. Cogliendo questa rara opportunità, lei e la sua amica sono fuggite con i loro bambini. Hanno corso per due settimane attraverso la dura boscaglia nigeriana, sopportando gravi malattie, infezioni e fame. Più di cinque milioni di cristiani nigeriani hanno intrapreso viaggi simili, fuggendo dalle loro case e dal terrore di Boko Haram. Dopo la sua fuga, Deborah è stata trasferita da un campo profughi all'altro, finché non ha incontrato i partner di Global Christian Relief, che le hanno fornito assistenza medica, cibo e acqua, dandole anche un posto sicuro per guarire fisicamente, emotivamente e spiritualmente.
«Avevo perso la speranza di diventare qualcuno, di tornare a essere libera», ha raccontato. Ora Deborah e i suoi figli hanno una casa da chiamare propria, lavora come custode in una scuola gestita sul campo Gcr, così può sostenere i suoi figli e ha grandi speranze per il loro futuro. «Mi hanno aiutato così tanto», ha detto riferendosi al Global Christian Relief, «tutto quello che posso dire è che Dio li ripaghi per la loro generosità!».
Nota di BastaBugie: purtroppo la storia di questa donna sopravvissuta all'Islam ci pone di fronte a un doloroso dilemma. Di fronte alla persecuzione è meglio affrontare il martirio oppure cedere ai persecutori per sperare di poter fuggire e continuare a vivere? Il Maligno saprà sempre come colpirci per fare in modo che noi veniamo meno al primo comandamento "Io sono il Signore Dio tuo, non avrai altro Dio all'infuori di me". Quindi, una donna che vede il proprio figlio torturato e ucciso davanti ai suoi occhi, è comprensibile e umano che ceda di fronte alla scelta di adorare Allah e di convertirsi. Si potrebbe dire che la donna non era libera, che era sotto minaccia di morte del figlio, e che quindi non aveva scelta. Però non bisogna dimenticare che c'è sempre una scelta: per l'appunto la scelta tra la vita e la morte, la scelta tra il Bene e il male. Senza la fede in Dio difficilmente si potrebbe resistere, sul piano naturale, ad una prova del genere, e si sceglierebbe un male, in questo caso convertirsi all'Islam. Ma per la forza della nostra fede noi sappiamo che quella prova Dio l'ha permessa (e ogni prova è per il nostro bene, anche se noi non riusciamo a capirlo sul momento). Abramo ha generato un intero popolo quando accetta di sacrificare il suo figlio Isacco, e Maria Santissima è diventata madre dei cristiani, quando non ha dubitato che Dio fosse amore perfino quando suo figlio Gesù moriva sulla croce. Abramo e Maria, come peraltro centinaia di martiri nei duemila anni di storia della Chiesa, hanno scelto di fidarsi di Dio: hanno creduto sopra ogni capacità umana che Dio non avrebbe mai fatto niente che non fosse bene e amore, anche quando gli eventi sembravano dire il contrario. Dunque, la storia di questa donna, deve farci meditare ancora di più sulla nostra capacità di amare Dio: quando saremo nella prova, avrò la fede di rinunciare al male e scegliere il Bene?
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