Se hanno ragione i lefebvriani, le porte degli inferi hanno prevalso
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TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7573 SE HANNO RAGIONE I LEFEBVRIANI, LE PORTE DEGLI INFERI HANNO PREVALSO di Alfredo Maria Morselli Vorrei esprimere la mia solidarietà alla dott.ssa Luisella Scrosati, che coraggiosamente...
show moreSE HANNO RAGIONE I LEFEBVRIANI, LE PORTE DEGLI INFERI HANNO PREVALSO di Alfredo Maria Morselli
Vorrei esprimere la mia solidarietà alla dott.ssa Luisella Scrosati, che coraggiosamente ha spiegato come, nella devastante crisi che oggi colpisce gli uomini di Chiesa, pur con tanti pastori che remano contro la Verità, ebbene, pur in questa situazione, non è lecito schiodarsi dalla Croce e rifugiarsi presso i priorati della Fraternità Sacerdotale San Pio X.
La vostra cara collaboratrice è stata oggetto, nei giorni successivi alla pubblicazione dei suoi articoli, di un impietoso tiro al bersaglio, maleducato nei modi ed errato nella sostanza. Se forse c'è un appunto (di natura strategica) da fare ai suoi ultimi scritti, è quello di essersi dilungata su questioni particolari, piuttosto che concentrarsi sui problemi dottrinali. Non che Ella non l'abbia fatto, ma, un dibattito punto a punto rischia di impantanarsi e di dividersi in tante sotto-questioni.
Conviene concentrarsi dunque sulla questione essenziale, che, come ha scritto Benedetto XVI, è di natura dottrinale: «La remissione della scomunica era un provvedimento nell'ambito della disciplina ecclesiastica: le persone venivano liberate dal peso di coscienza costituito dalla punizione ecclesiastica più grave. Occorre distinguere questo livello disciplinare dall'ambito dottrinale. Il fatto che la Fraternità San Pio X non possieda una posizione canonica nella Chiesa, non si basa in fin dei conti su ragioni disciplinari ma dottrinali. [...] Bisogna quindi distinguere tra il livello disciplinare, che concerne le persone come tali, e il livello dottrinale in cui sono in questione il ministero e l'istituzione. Per precisarlo ancora una volta: finché le questioni concernenti la dottrina non sono chiarite, la Fraternità non ha alcuno stato canonico nella Chiesa» (Lettera del Santo Padre Benedetto XVI ai Vescovi della Chiesa Cattolica riguardo alla remissione della scomunica dei 4 Vescovi consacrati dall'Arcivescovo Lefebvre, 10 Marzo 2009).
E quali sono le questioni dottrinali? Sono soprattutto due principali (con altre minori, derivate dalle prime, ad esempio, l'allontanamento dalla dottrina tradizionale circa l'infallibilità delle canonizzazioni): il rifiuto della Nuova Messa e il rifiuto dell'autorità del Magistero dopo il 1962. Prendiamo in esame in dettaglio questi due punti.
1) LA NUOVA MESSA VIENE RIFIUTATA IN SÉ
La nuova Messa viene rifiutata in sé, ed è presentata come un rito che fa perdere la fede, tanto da vietarne ai fedeli la partecipazione. In pratica la partecipazione alla nuova Messa e la sua celebrazione (pur ritenuta sacramentalmente valida) sono diventati un assoluto morale, una cosa sempre da evitare, che né intenzioni né circostanze possono rendere buona, e quindi lecita. Nel 1976 Mons. Lefebvre così si pronunciava nei confronti del Novus Ordo Missae: «Ah! E questo proprio perché questa unione voluta dai cattolici liberali fra la Chiesa e la Rivoluzione è un'unione adultera! E da questa unione adultera non possono venire che dei bastardi. E chi sono questi bastardi? Sono i riti. Il rito della nuova messa è un rito bastardo. I sacramenti sono dei sacramenti bastardi. Noi non sappiamo più se sono dei sacramenti che danno la grazia o se non la danno più. Noi non sappiamo più se questa messa ci dà il Corpo e il Sangue di Nostro Signore Gesù Cristo o se non ce lo dà. I preti che escono dai seminarii, essi stessi non sanno più chi sono. [...] I preti che escono dai seminarii sono dei preti bastardi. Essi non sanno più chi sono» (Omelia di S. Ecc. Mons. Marcel Lefebvre nella S. Messa celebrata a Lille, in Francia 29 agosto 1976).
E queste sono le posizioni attuali immutate: don Philippe Toulza, in un articolo pubblicato sul sito italiano della Fraternità San Pio X, riassume in questi termini la soluzione del problema: «Non si può celebrare la messa con un rito non cattolico, né assistervi. Ora, la messa di Paolo VI è un rito non cattolico. Dunque non si può celebrare la messa di Paolo VI né assistervi». E nella presentazione di detto articolo, viene anche esposta la strategia pastorale per dissuadere i fedeli: «Benché nelle nostre cappelle si accolgano i nuovi fedeli così come sono, con le loro motivazioni, i loro dubbi, alcune ritrosie etc., il nostro compito è comunque quello di farli crescere nella fede, nelle nozioni, ammonendoli dei pericoli, sino ad approfondire la questione della messa, per giungere a questa consapevolezza: "Non possiamo assistere attivamente al novus ordo"».
Che risposta dà le fede autenticamente cattolica a questa ostinazione? Se quanto asserito dalla Fraternità San Pio X fosse vero, sarebbero rese vane le promesse di Nostro Signore, il quale ci ha assicurato che le porte dell'inferno mai prevarranno contro la Chiesa: ora, visto che nel mondo ci sono oltre quattrocentomila sacerdoti, e che (se celebrano tutti i giorni) abbiamo circa 4,5 S. Messe ogni secondo (ammettiamo pure anche una riduzione a una sola S. Messa al secondo, contando gli orientali e le concelebrazioni)... ebbene, se da oltre 50 anni ogni secondo, la Chiesa, nel suo massimo atto di culto, compiuto dalla totalità morale dei Vescovi e dei Sacerdoti, compisse qualcosa di cattivo, come possono essere ritenute vere le promesse del Salvatore?
2) IL MAGISTERO VALE SOLO FINO AL 1960
Il secondo problema è il giudizio sul Magistero, una sorta di ortodossia ferma al 1960 piuttosto che ai primi sette concílî, un vero libero esame del Magistero, ovvero la trasformazione del cattolicesimo in una "religione del libro", piuttosto che fondata sull'assenso alla Rivelazione proposta continuamente a credere dal Magistero vivo, regola prossima della fede e ultimo e definitivo giudice della corretta ermeneutica. Naturalmente non ogni pronunciamento richiede il medesimo grado di assenso, ma nessuno "privatamente" può decidere che cosa, nel Magistero, vada bene o no a partire dal 1960.
La prova di questo neo-protestantesimo è la frammentazione del mondo pseudo-tradizionalista, dove le varie componenti hanno le loro sacrosante ed evidenti ragioni: Fraternità San Pio X, resistenti, Viganò, sedevacantisti (a loro volta divisi in vari gruppi), senza contare alcuni liberi battitori che potremmo definire folcloristici, se non ammaliassero migliaia di persone distogliendole dalla pratica sacramentale. Ora, questa frammentazione, fondata sul Magistero post-conciliare portato innanzi all'esame tribunale della sola [loro] ragione, come non rassomiglia fin troppo a quella divisione in luterani, calvinisti, zwingliani e via via fino alle migliaia di denominazioni protestanti di oggi, ciascuna della quali è certa evidentemente delle sue ragioni?
Sia che il punto di partenza sia la Bibbia ("Sola Scriptura"), sia il Denzinger ("Solo Denzinger"), sempre si tratta di libero esame di un libro, di una lettera che uccide in quanto priva dello Spirito vivificante che solo il Magistero vivo, accolto nella sua "autoritatività", può immettere nei cuori (Cf 2 Cor 3,6).
PROVA DELLE MIE AFFERMAZIONI
1) Chiedete a un sacerdote della Fraternità San Pio X se è lecito partecipare a una S. Messa, celebrata secondo il Novus Ordo, nel migliore dei modi (es.: come celebrava Benedetto XVI).
2) Chiedete a un sacerdote della Fraternità San Pio X se accetta il nuovo Codice di diritto canonico, il Catechismo della Chiesa Cattolica, e se ritiene vincolanti i documenti del Magistero dopo il 1960, in base alla lor oggettiva nota teologica.
Se vi risponde "No", purtroppo ho ragione io; se vi risponde "Sì", allora è fatto l'accordo dottrinale, e ciò significherebbe la fine alla divisione. E sarebbe accettare finalmente le condizioni che lo stesso Mons. Lefebvre accettò il 5 maggio 1988, ma che poi, disgraziatamente per tutta la Chiesa, ritrattò; ne riporto il nucleo essenziale:
Protocollo fissato nel corso della riunione tenutasi a Roma il 4 maggio 1988 tra S. Em. il Cardinale Joseph Ratzinger e S. Ecc. Mons. Marcel Lefèbvre, e firmato dai due prelati il 5 maggio 1988.
I - Testo della dichiarazione dottrinale
Io, Marcel Lefèbvre, arcivescovo e vescovo emerito di Tulle, insieme con i membri della Fraternità Sacerdotale San Pio X da me fondata:
1) promettiamo di essere sempre fedeli alla Chiesa cattolica e al romano Pontefice, suo Pastore Supremo, Vicario di Cristo, Successore del Beato Pietro nel suo primato e Capo del corpo dei vescovi.
2) Dichiariamo di accettare la dottrina contenuta nel n° 25 della Costituzione dogmatica Lumen Gentium del Concilio Vaticano II sul Magistero ecclesiastico e sull'adesione che gli è dovuta.
3) A proposito di certi punti insegnati dal Concilio Vaticano II o relativi alle riforme posteriori della liturgia e del diritto, che ci sembrano difficilmente conciliabili con la Tradizione, ci impegniamo ad assumere un atteggiamento positivo di studio e di comunicazione con la Sede Apostolica, evitando ogni polemica.
4) Dichiariamo inoltre di riconoscere la validità del Sacrificio della messa e dei sacramenti celebrati con l'intenzione di fare ciò che fa la Ch
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