STAGIONE 3 EPISODIO 1 - Cervelli in fuga
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PODCASTER SENIOR: Elena Moro; PODCASTER JUNIOR: Isabella Colonna; RAZIONALE: Nella formazione di un ricercatore l’esperienza all’estero è una tappa molto importante, direi fondamentale, in quanto oltre a far acquisire nuove...
show morePODCASTER JUNIOR: Isabella Colonna;
RAZIONALE:
Nella formazione di un ricercatore l’esperienza all’estero è una tappa molto importante, direi fondamentale, in quanto oltre a far acquisire nuove conoscenze tecniche favorisce l’incontro con ricercatori provenienti da altre realtà e arricchisce il lavoro di ricerca. Mi piace citare uno studio pubblicato su Nature nel 2017 che, esaminando 14 milioni di pubblicazioni provenienti da 16 milioni di singoli individui e pubblicati nel periodo che va dal 2008 al 2015, ha rivelato che il 96% di questi ricercatori ha avuto un solo paese di affiliazione durante tutto il periodo (e quindi considerati come “non mobili”), mentre il 4%, classificati come mobili, avevano avuto più affiliazioni durante il periodo esaminato. Un’analisi successiva ha poi mostrato che i ricercatori mobili avevano in media circa il 40% di tassi di citazione più alti rispetto a quelli non mobili. Questo studio conferma ulteriormente l’importanza della mobilità internazionale per la carriera di un ricercatore. Quindi il fatto che i ricercatori vadano all’estero, la cosiddetta “fuga dei cervelli”, non dovrebbe avere un’accezione negativa. Il problema è che in molti paesi, tra cui l’Italia, la mobilità dei ricercatori è monodirezionale e non bi-direzionale come dovrebbe essere, cioè il flusso dei ricercatori in uscita non è bilanciato dall’entrata di ricercatori che rimpatriano o ricercatori di altre nazionalità, sia in termini di quantità che di qualità. Secondo uno studio condotto dal Centro studi e ricerche IDOS, dal 2008 al 2019 circa 14.000 individui che hanno conseguito un dottorato di ricerca di Italia sono emigrati permanentemente all’estero. Nel 2021 un lavoro italiano pubblicato su Science and Public Policy ha analizzato le cause che portano a questo flusso unidirezionale di ricercatori verso altre nazioni. Ha rivelato che i ricercatori italiani con affiliazione in Italia lamentavano, rispetto ai colleghi italiani all’estero, condizioni di lavoro peggiori caratterizzate da contratti precari, bassa retribuzione, minori opportunità di carriera, sistema di reclutamento nelle università poco trasparente. Nel novembre 2022, il Consiglio europeo della ricerca (ERC) ha proclamato i vincitori del bando “Starting Grants 2022” nell'ambito del programma Horizon Europe. Tra i vincitori di questo bando ci sono cittadini di 46 Paesi, e gli italiani sono arrivati al secondo posto dopo i tedeschi, evidenziando la bravura dei ricercatori italiani. La nota triste di questo dato è che la maggior parte dei ricercatori italiani vincitori di questo bando lavora all’estero; infatti, l’Italia si è classificata solo al sesto posto come destinazione finale dei fondi europei.
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Author | SOCIETA'ITALIANA DI NEUROLOGIA |
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