Submission* (2004) - Theo Van Gogh, il regista che fu ucciso per aver fatto Submission
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Theodoor "Theo" van Gogh è stato un regista, attore e produttore televisivo. Discendente del fratello del celebre pittore Vincent van Gogh, fu assassinato da Mohammed Bouyeri, estremista islamico esponente del Gruppo Hofstad, come ritorsione contro alcune immagini mostrate nel suo film Submission.
Van Gogh nacque a L'Aia nel 1957, da genitori militanti del Partito Laburista Olandese; il suo bisnonno era il fratello di Vincent van Gogh. Uno zio, anche lui di nome Theo, era un partigiano caduto nella lotta contro il nazismo.
Theo van Gogh era ateo, ritenuto persona tollerante nei rapporti individuali, nei suoi articoli attaccava duramente politici, giornalisti e tutti coloro che facessero "parte del sistema". In conseguenza di ciò, fu licenziato più volte dai vari giornali per i quali lavorava.
Politicamente era vicino alla sinistra moderata, come nella tradizione della sua famiglia. Amico del politico olandese Pim Fortuyn, anche lui impegnato contro l'islamismo e assassinato da un estremista di sinistra nel 2002, era infatti schierato con il Republikeins Genootschap, associazione di idee repubblicane che propugna l'abolizione della monarchia nei Paesi Bassi. In seguito alla morte di Fortuyn divenne sostenitore di Ayaan Hirsi Ali, una olandese di origini somale paladina dell'emancipazione femminile nell'Islam, che scrisse la sceneggiatura del cortometraggio Submission.
Van Gogh fu assassinato il 2 novembre 2004 alle ore 8:45, nella parte est di Amsterdam. Il suo assassino, in possesso di doppia cittadinanza marocchina e olandese, vestito con una djellaba, un indumento tradizionale arabo, per rimarcare la sua appartenenza culturale, gli sparò otto colpi di pistola e successivamente gli tagliò la gola in pieno centro di Amsterdam per eseguire una fatwa legata alla pubblicazione del suo cortometraggio Submission ("Sottomissione", uno dei possibili modi di tradurre il termine arabo "Islam").
Nel film, tra l'altro, si vedono dei versi di una sura del Corano scritti sulla schiena della protagonista. L'assassino sparò a Van Gogh dapprima due volte e poi, dopo che il regista gli aveva detto "ma non ne possiamo parlare?" altre quattro volte.
Nella pancia di van Gogh, dopo l'assassinio vennero piantati due coltelli, uno dei quali tratteneva un documento di cinque pagine con minacce ai governi occidentali, agli ebrei, a Geert Wilders (leader del movimento antislamista Partito per la Libertà) e ad Ayaan Hirsi Ali: quest'ultima da allora iniziò a vivere sotto stretta protezione.
Da allora, il film è stato ritirato dalla proiezione dal suo produttore, Gijs van Vesterlaken, anche lui minacciato ripetutamente di morte. Al processo, l'assassino Mohammed Bouyeri ha confessato di non essere affatto pentito. Rivolgendosi alla madre di Van Gogh disse: "Non odiavo suo figlio, non era un ipocrita e non mi sono sentito offeso da lui" ma aggiunse sprezzante: "Non sento il suo dolore in quanto lei è un’infedele". Bouyeri è stato successivamente condannato all'ergastolo.
All'assassinio di Theo van Gogh l'artista Chris Ripke ha reagito dipingendo un murale sul muro esterno del suo studio: un angelo, la data di morte e la scritta "Gij zult niet doden" (non uccidere, uno dei dieci comandamenti). I musulmani di una moschea vicina hanno denunciato il fatto al sindaco come offensivo e questi ha subito inviato la polizia a cancellarlo. Il reporter Wim Nottroth che ne ha documentato la distruzione e tentato di ostacolare l'esecuzione dell'ordinanza è stato poi arrestato.
Anche Oriana Fallaci cita van Gogh nel suo articolo del 2005, Il nemico che trattiamo da amico.
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Author | BastaBugie |
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