turismo delle radici, il ruolo della religione nelle comunità di emigranti italiani
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Sullo spirito del turismo delle radici. Si è tenuta il 28 giugno ultimo scorso in Napoli, una tavola rotonda presso la "sala catasti" dell'Archivio di Stato, in collaborazione con l’Osservatorio...
show moreSi è tenuta il 28 giugno ultimo scorso in Napoli, una tavola rotonda presso la "sala catasti" dell'Archivio di Stato, in collaborazione con l’Osservatorio Universitario sul Turismo dell'Università degli Studi Federico secondo; il Centro Ricerche e Studi sul Turismo (CReST) dell'Università della Calabria.
L’evento ha inteso essere un luogo di confronto per accademici, esperti e professionisti, al fine di esplorare il significato profondo e le implicazioni culturali, economiche e spirituali di questa particolare modalità di turismo in vista della Conferenza Internazionale sul
Turismo delle Radici, in programma dal 12 al 15 dicembre 2024 presso l'Università della Calabria, città Rende, provincia di Cosenza. Italia.
Nel corso della tavola rotonda, è stato preso in esame il numero speciale dedicato al tema dalla rivista scientifica "fuori luogo", sono stati inoltre oggetto di approfondimenti gli atti del seminario "viaggi speciali della società contemporanea", tenutosi a Roma nel mese di settembre 2023.
Numerosi e prestigiosi sono stati i relatori intervenuti:
• Dottoressa Candida Carrino, Direttrice dell’Archivio di Stato di Napoli
• Professore Fabio Corbisiero, Coordinatore dell’Osservatorio Universitario sul Turismo
• Professore Gaetano Di Palma, docente di Scienze bibliche
• Professore Pasquale Giustiniani, docente di Filosofia teoretica
• Professoressa Antonella Perri, Coordinatrice scientifica al Centro Ricerche e Studi sul Turismo
• Professore Giuseppe Reale, Direttore del Complesso Monumentale di Santa Maria la Nova - Napoli
• Professore Tullio Romita, Responsabile scientifico del Centro Ricerche e Studi sul Turismo
• Professore Giovanni Tocci, Referente Area Governance al Centro Ricerche e Studi sul Turismo
A seguire, il testo della breve relazione che sul tema ho avuto l'onore di illustrare:
Archivio di stato, Napoli, 28 giugno 2024
Tra fede e tradizione.
Il ruolo della religione nell’agire e nella percezione degli emigrati della comunità italiana di origine.
(Pasquale Giustiniani)*
- Introduzione
Tra i processi utilizzati dai viaggiatori e migranti per creare una "casa" fuori dai territori di origine, vi è anche il collante della religione, in Italia prevalentemente nella sua forma cristiana, soprattutto devozionale piuttosto che cultuale. Tale collante quasi funge da filo di sutura il quale, allo stesso tempo, consente d’immaginare e “ricordare” il passato e ri-attaccare le membra e gli arti di un corpo collettivo, che ha spesso sperimentato la violenza sociale, oppure è stato necessitato ad andare fuori dei luoghi originari per motivi economici e politici.
Al fine di ricostruire la propria personale e l'identità familiare, i giovani e gli ex giovani ritornano, spesso volentieri, laddove sono ancora importanti i riti e i rituali, che sottolineano la loro originaria appartenenza ad un vero e proprio ordine sacro, definito da fedi, religioni e, per quanto concerne il sud, da folklore religioso e devozioni popolari, più o meno contigue allo standard fissato dalle religioni storiche. In particolare, la devozione popolare, gestita e coordinata dalle Chiese particolari, da un lato appare come la sutura a un’espressione adeguata e istituzionale della fede vissuta; dall’altro, conserva caratteri folclorici ancestrali i quali, talvolta, sono più espressione di una memoria popolare atavica che frutto di irregimentazione nelle forme istituzionali della fede istituzionale.
- In quale contesto religioso avviene il ritorno alle radici?
Paragonando la triste situazione politica della città di Mitilene sotto la tirannide di Mirsilo, Alceo non reperì migliore metafora di quella di una nave sballottata dai flutti, sottoposta alla lotta tra i venti, con l’albero a brandelli e la vela tutta strappata. Tale metafora è divenuta un vero e proprio topos della letteratura, della disamina politica e perfino della meditazione religiosa nel periodo della crisi post-pandemica da covid 19. Quando, nel corso del primo atto de “La tempesta” (1611-1612) di William Shakespeare, il Nostromo, nel corso di un racconto “in retrospettiva”, grida: «Serrate, serrate! Abbassate le vele – andiamo al largo! Serrate!», i marinai - ormai nel vortice di una tempesta che, seppur “incantata”, sta facendo comunque percepire i suoi terribili danni -, non possono far altro che evidenziare la loro estrema vulnerabilità e l’esito della preghiera: «Siamo perduti! Preghiamo, preghiamo! Siamo perduti! Tutti!» . Ed ecco che sorge quasi spontanea l’orazione sulle labbra di molti in quei momenti bui, al punto che essi sembrano poter anestetizzare, insieme con la memoria e le radici storiche dei personaggi letterari presi dall’incantesimo di Shakespeare, anche la stessa latente fiducia, evidenziata appunto dalla preghiera, nella presenza di un divino nelle vicende umane, capace, cioè, di poter frenare e ridurre gli effetti malvagi di morte e sofferenza in un’umanità piagata.
Quasi costretto, in mezzo alla tragicità di una tempesta o all’inevitabilità di un naufragio, a scegliere soltanto tra alternative possibili, senza una vera libertà di scelta ex novo, non soltanto il soggetto – una scoperta moderna! -, ma perfino il dio - il divino della modernità sembra esser divenuto impotente di fronte agli eventi ultramoderni, che sembrano accadere, come si legge ne La tempesta shakesperiana, per influsso di un potere demoniaco.
- La crisi istituzionale delle religioni in Occidente
Sul piano dei fenomeni socio-religiosi, ultramodernità o postmodernità significa, tra l’altro, anche secolarismo. Esso produce almeno tre distorsioni nelle strutture sociali e nella civiltà: pensare di poter fare a meno della fede in nome dell’arbitrio e della scoperta personalmente verificata; coltivare una visione meccanicista e teriomorfa dell’essere umano, a danno della dignità umana e del rispetto per la moralità umana; attribuire un elevato successo della tecnica con i suoi principi di efficienza ad oltranza. Si è, in definitiva, negli esiti sociale di un’avvenuta transizione teoretica da verità eterne a dottrine in sviluppo .
Postmodernità significa, in questo senso, anche pluralismo religioso. Dopo che le guerre di religione in Francia e la guerra dei Trent’Anni avevano devastato l’Europa, l’Illuminismo tentò di squarciare il velo della superstizione, della violenza, dell’intolleranza, per approdare in una nuova epoca di pace, amore, tolleranza. Tentativo che poi naufragò, portando al razionalismo cieco e al secolarismo imperante.
Da questa deriva - che, sul piano macro-culturale, viene configurata oggi attraverso i termini di secolarismo ed indifferenza religiosa, oltre che di nichilismo e trans-teismo -, non sarebbe esente lo stesso modo d’impostare le questioni da parte del pensiero cristiano, fin dalle origini. È un fatto che l’incontro del vangelo cristiano con le città del Mediterraneo avvenga in un intricato insieme di elementi che possiamo ben definire, ora per allora, pluralistico, qualificato com’era da svariati culti, religioni, valori, idee, assetti economici... In questo mondo complesso, i cristiani, piuttosto che presentare una cultura altra e antitetica a quelle pre-esistenti, contrapponendovi una verità unica ed esclusiva, elidente qualunque altra prospettiva coeva, preferiscono incunearsi nella molteplicità di sfondi, occupare i medesimi luoghi fisici degli altri, assumere le stesse grammatiche, le medesime tecniche raffigurative, trattare i lemmi e i concetti in uso, abitare i medesimi luoghi e boschi, frequentare i medesimi templi e, così, creare radici topografiche, geografiche e culturali . Ma, ben presto, essi ri-semantizzano e ri-significano creativamente tutti i precedenti assetti, ovvero, imitando sul piano riflesso la stessa kenosi del Verbo, consentono, al patrimonio culturale riferito a Cristo, di “incarnarsi” di nuovo nelle culture pre-esistenti e di rigenerarle, per così dire, dall’interno, talvolta procedendo a delle vere e proprie re-invenzioni linguistiche ri-semantizzando opportunamente il tutto.
- Conclusione
Qualificato da mobilità e complessità del mondo, pluralismo estremo ed esasperato, che talvolta conduce ad una falsa certezza (omologa, comunque, ad una certa ansia di ritrovamento di certezze, che accompagna almeno altri versanti del postmoderno), talaltra al conformismo consumistico, al relativismo estremo, all’indifferenza, accentuando perfino l’individualismo esasperato in campo etico, il clima epistemico ed etico che oggi viviamo - e vivono i nostri sempre più “sparuti” giovani (in senso demografico, in una civiltà tendenzialmente vecchia e con una generazione in meno) - sta lì a segnalare, soprattutto nelle ultime generazioni nomadi, la tragica conseguenza comportata dalla caduta di punti fissi a cui far riferimento e dal correlativo estenuarsi delle domande circa l’essere, il vero, il bello, il valore, il senso dell’esistenza, il significato stesso della religione e del rapporto dell’essere umano con Dio .
Noi postmoderni abitanti delle città tradizionali e, comunque nomadi per motivo di lavoro, incrociamo e ci mescoliamo con profughi, emigranti e viaggiatori mediterranei che approdano alle nostre coste alla ricerca di un Eden economico e sociale: mentre le nostre culture tradizionali seguono processi ondivaghi di secolarizzazione e de-secolarizzazione, ricacciando nella “cripta interiore” tutti gli antichi paradigmi e le antiche tracce, e non sappiamo ridiscendere e risalire per le antiche scale, o improvvisamente ci accorgiamo di essere tutti nella stessa barca, assistiamo all’appropriazione sociale e religiose dei nostri antichi luoghi, rivivendoli come altrettanti appelli a ri-appropriarci degli antichi nostri dei e non farli colare a picco con la nostra barca. E i processi delle radici religiose antiche, incrociando nuove barche che s
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