Un anno dopo la storica sentenza della Corte Suprema: 60mila aborti in meno
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TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7469 UN ANNO DOPO LA STORICA SENTENZA DELLA CORTE SUPREMA: 60MILA ABORTI IN MENO È passato più di un anno - era il 24 giugno 2022 -...
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È passato più di un anno - era il 24 giugno 2022 - dalla storica sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti "Dobbs vs Jackson Women's Health Organization" venne cancellata l'altrettanto storica sentenza "Roe va Wade" del 1973.
Un anno, dunque, dall'annullamento del fantomatico "diritto federale di aborto" e che da allora ha lasciato piena sovranità in materia ai singoli Stati.
Negli ultimi 12 mesi molti parlamenti locali hanno approvato nuove leggi o modificato quelle vigenti, in un senso o nell'altro, mentre il dibattito sui limiti per accedere all'aborto si è molto polarizzato, così come le scelte politiche e legislative degli Stati. «Di rado - ha scritto il quotidiano Usa Today - una decisione della Corte Suprema ha avuto un impatto così profondo e così rapido sulla vita di così tante persone». Fino alla sentenza di un anno fa era di fatto possibile a qualunque donna in tutti gli State Uniti praticare l'aborto fino a quella che la legge italiana definisce «vita autonoma del feto», cioè tra le 22 e le 24 settimane, per effetto della sentenza del 1992 con cui sempre la Corte Suprema decise sulla controversia Casey-Planned Parenthood. Per effetto del verdetto Dobbs di un anno fa la situazione giuridica dell'aborto nel territorio statunitense si è fatta quantomai variegata, con 14 Stati che hanno introdotto significative limitazioni.
Secondo uno studio della Society of Family Planning, gli aborti sono diminuiti dagli 82mila al mese prima della sentenza a 77mila: un calo che nell'arco di un anno dice che ci sarebbero stati 60mila aborti in meno per effetto della decisione della Corte Suprema. Resta comunque imponente il numero complessivo degli aborti - in assenza di un dato ufficiale - in 924mila in un anno (in Italia sono 67mila con una popolazione di 60 milioni di abitanti, contro i 330 milioni degli Usa).
Nota di BastaBugie: Stefano Fontana nell'articolo seguente dal titolo "L'Onu è sempre stata la fabbrica di nuovi diritti" spiega perché dopo la sentenza della Corte Suprema americana, l'Onu vorrebbe dichiarare l'aborto un diritto umano, in modo da porlo in continuità con la Dichiarazione universale dei diritti umani. Come si può arrivare a una simile contraddizione? È un diritto umano la negazione del diritto alla vita? Il motivo è semplice: perché fin da subito l'Onu ha rifiutato di basare i diritti sulla legge naturale.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 24 giugno 2023:
L'Onu vuole dichiarare l'aborto un diritto umano, ossia porlo in essenziale continuità con la Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948. Ci si chiede se l'orrendo proposito sia una assurda forzatura oppure se possa trovare in quella Dichiarazione qualche appiglio. Potrebbe essere, infatti, che già nella fase di produzione di quella Dichiarazione ci fossero alcuni presupposti che possano servire non a giustificare ma a spiegare questo triste esito, a distanza di tanti anni.
È opportuno ricordare che fu allora istituita una Commissione presso l'Unesco per discutere i criteri e i contenuti della Dichiarazione dei diritti umani di successiva redazione. A questa Commissione parteciparono intellettuali e studiosi nei vari campi del sapere e di varia origine culturale e religiosa. Come noto, vi partecipò anche Jacques Maritain che proprio nel 1948 pubblicava il suo libro, edito dall'Unesco, Les droits de l'homme. Il fatto forse più importante del lavoro della Commissione fu il riconoscimento della impossibilità di conoscere un fondamento ultimo dei diritti umani. Per la tradizione filosofica e teologica classica e cattolica il fondamento prossimo dei diritti umani è il diritto naturale e quello ultimo è Dio. Invece per la tradizione politica derivante da Hobbes, Locke e Rousseau, era la convenzione pattizia tra gli uomini con la quale essi diventavano cittadini. Per le altre correnti di pensiero e religiose presenti nella Commissione i fondamenti erano altri ancora. L'Onu rinunciò ad affrontare il problema dal punto di vista conoscitivo e scelse la via pratica: si sarebbe dovuto mettere da parte l'aspetto teoretico o di principio e percorrere la via di un "pensiero pratico comune" cercando di elencare i diritti utili per la vita sociale.
Il punto non è da sottovalutare, perché esso rifletteva una visione della realtà e dell'uomo. Il buon senso dice che prima si pensa e poi si agisce in base a quanto si pensa. Il pensiero viene prima dell'azione. Sui diritti umani, invece, l'Onu rovescia i termini e l'aspetto pratico viene prima di quello del pensiero. L'uomo, quindi, pensa in base a quello che fa e non più viceversa: il giudizio dell'intelletto pratico precede il giudizio dell'intelletto teoretico. Va anche notato che mediante questa decisione di rinunciare ad un accordo di principio sui fondamenti, le esigenze pratiche non solo avevano la meglio su quelle della ragione ma anche su quelle della Rivelazione. Parlo qui naturalmente per i cristiani e i cattolici in particolare, come appunto Maritain. Privo della necessità di avere un fondamento ultimo di verità sia razionale che rivelata, l'aspetto pratico veniva lasciato alla libera e immotivata volontà, aprendo la possibilità, già allora, di "nuovi diritti", come infatti sta ora avvenendo.
Tutto questo va posto in relazione con il fatto che dopo la Seconda Guerra Mondiale i "diritti umani" divennero la grande ideologia con cui il nuovo ordine voleva plasmare le costituzioni degli Stati. Sappiamo che Arabia Saudita o Sud Africa non aderirono al progetto, ma molti altri Stati invece lo fecero proprio. I diritti che l'Onu andava a definire erano certamente figli della Dichiarazione del 1789, agli inizi della Rivoluzione Francese (che tuttora è parte integrante della costituzione francese), ma più che di Rousseau subirono l'influenza di Locke e assunsero una pretesa di universalità. Essi vennero intesi come una nuova visione dell'uomo definitivamente acquisita e da sovrapporre, come un cappello introduttivo e fondativo, alle varie dichiarazioni che fossero in seguito prodotte. Infatti, se ne produssero poi tante, da quella sui diritti dell'infanzia del 1959 alla Carta sui diritti fondamentali dell'Ue del 2000 e così via. L'Onu divenne la "fabbrica dei diritti", come scrive Bernard Dumont nell'ultimo numero della rivista francese Catholica. Tutte derivanti dalla prima, quella del 1948, che però aveva rinunciato a fondare ultimamente i diritti umani, il che spiega come oggi la stessa Onu diventi la "fabbrica dei nuovi diritti". Si sa che senza il fondamento ultimo, anche i fondamenti prossimi cadono, e quindi anche il fondamento pratico suggerito da Maritain.
Tornando a Maritain, egli, in L'uomo e lo Stato (1951) scrive che nella discussione interna alla Commissione dell'Unesco si era arrivati ad un accordo, ma "a condizione che non ci si chiedesse perché". E continua "Sino a quando non vi sarà unità di fede e unità di filosofia nello spirito degli uomini, le interpretazioni e le giustificazioni saranno tra loro in conflitto. Nell'ambito, invece, dell'affermazione pratica, un accordo su una dichiarazione comune è possibile grazie ad un approccio più pragmatico che teorico e mediante uno sforzo collettivo di confronto, rielaborazione e perfezionamento dei progetti di redazione". Maritain mantenne sempre questa sua posizione, anche nel Contadino della Garonna, dove però vi accosta almeno l'avvertimento di "non gettare ai cani la verità". La sua era un'illusione ottica, perché l'accordo pratico privo di un consenso sui principi avrà sempre il carattere del nominalismo e i diritti nominalmente elencati verranno poi applicati in modo alquanto diverso. Ma quella che per lui era un'illusione, per l'Onu era un'ideologia. Senza un fondamento, i diritti possono essere "fabbricati" dalla stessa Onu.
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