We were soldiers*** (2002) - L'inutile carneficina della guerra del Vietnam
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WE WERE SOLDIERS: L'INUTILE CARNEFICINA DELLA GUERRA DEL VIETNAM di Pietro Guidi
We were soldiers racconta la storia del colonnello Hal Moore, interpretato da Mel Gibson, che viene mandato dal generale dell'esercito americano a comandare il settimo battaglione in quella carneficina inutile che è stata la guerra del Vietnam, nella vallata Ia-Drang, ribattezzata valle della morte. Il fatto che questa guerra sia stata un inutile massacro viene fatto capire bene in tutto l'arco del film quando fa vedere scene dove i soldati, di entrambi le fazioni, pensano alle proprie famiglie, magari guardando le loro fotografie. Nessuno dei due eserciti vorrebbe combattere quella battaglia, ma sono lì per ordini superiori, costretti ad ammazzarsi a vicenda. Questo film infatti mostra il dramma della guerra visto anche dalla parte di chi resta a casa, delle mogli e dei figli che temono ogni momento la lettera che gli riferisca che il loro capofamiglia è morto.
Inoltre il film fa riflettere su come in ogni contesto di grave difficoltà, come in una guerra, viene fuori chi sono realmente le persone. Le difficoltà infatti non cambiano le persone, così come i soldi e il successo non hanno il potere di farlo, nonostante si senta dire spesso il contrario. Queste cose mostrano soltanto chi sei davvero.
Nel mezzo dei drammi di questa guerra il film ci mostra l'eroismo di un capo che non abbandona mai i suoi sottoposti. Il colonnello Moore era un vero uomo nella vita e lo è stato anche nella guerra. In lui possiamo vedere le caratteristiche della figura del leader.
Innanzitutto bisogna dire che l'autorità di Hal Moore è indiscussa. Nessuno mette mai in dubbio i suoi ordini. Noi ormai ci siamo abituati ad una società dove l'autorità è stata abbattuta, al grido sessantottino di "niente padri né padroni". Per noi è diventato normale mettere in discussione l'autorità. Ma per i soldati non è così. Fra i militari c'è una rigida gerarchia e nessuno può disobbedire agli ordini dei superiori. L'ambiente militare è forse rimasto l'unico ai giorni nostri dove l'autorità sia presa ancora seriamente. Non si può giocare allo stupido gioco della democrazia lì dove è in ballo la vita delle persone!
L'AUTORITÀ VA RISPETTATA, A MENO CHE NON VADA CONTRO LE LEGGI DI DIO
Se in ambito militare non ci fosse questo tipo di obbedienza non sarebbe possibile mantenere l'ordine all'interno di una guerra, dove le emozioni e la paura prendono il sopravvento sui singoli e si verrebbe inevitabilmente sconfitti. Per mantenere questo ordine nei codici penali militari sono previste le pene più severe, compresa quella di morte (che è stata abolita nel 1994 in Italia). Se disertare da una guerra dove c'è un alto rischio di morire fosse punito solo con il carcere molti preferirebbero quello alla guerra. Invece la pena di morte è un ottimo deterrente per evitare che qualcuno disobbedisca.
Nel Vangelo stesso sono confermati questi principi. Una volta un centurione che aveva un servo malato chiede a Gesù di guarirlo e nel farlo fa una professione di fede un po' strana: "Anch'io infatti sono nella condizione di subalterno e ho dei soldati sotto di me e dico a uno: «Va'!», ed egli va; e a un altro: «Vieni!», ed egli viene; e al mio servo: «Fa' questo!», ed egli lo fa". Gli stava dicendo che, come lui è signore dei soldati che ha sotto di lui e loro obbediscono ai suoi comandi, così Gesù è Signore del mondo e ha il potere di ordinare alla malattia di andarsene dal suo servo e questa gli avrebbe obbedito. Gesù, sentite queste parole, non gli dice di mettere dei fiori nei suoi cannoni o di essere più democratico con i suoi sudditi, ma esclama: "Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!". Un altro episodio molto significativo avviene poco prima della crocifissione. Infatti quando Gesù viene processato, Pilato, il procuratore romano, vedendo che non rispondeva alle accuse si arrabbia con lui dicendogli: "Non mi parli? Non sai che ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce?". Gesù gli risponde: "Tu non avresti nessun potere su di me, se non ti fosse stato dato dall'alto". Il potere quindi deriva dall'alto, cioè da Dio e chi lo esercita fa le sue veci su questa terra. È per questo che l'autorità va rispettata, a meno che non vada contro alle leggi di Dio. Ed è per questo che comandare è un compito di grandissima responsabilità.
Se quindi l'autorità va ubbidita, chi esercita il potere non deve spadroneggiare sui sottoposti, anzi, al contrario, deve servire tutti. Poco prima della partenza il colonnello Moore fa un discorso davanti ai suoi soldati e alle loro mogli dove giura che lui sarà il primo a scendere sul campo di battaglia e l'ultimo ad andarsene. E così farà con eroismo durante tutto il corso della battaglia al punto che un suo soldato gli dirà di ripararsi un po' perché se lui che è il capo fosse morto il battaglione intero sarebbe spacciato.
L'AUTORITÀ VA RISPETTATA (SE NON VA CONTRO LE LEGGI DI DIO)
Il colonnello continuerà a guidarli, anche quando la situazione sembra perduta a causa dell'inferiorità numerica, sempre stando in prima linea fino all'ultimo assalto, con le munizioni quasi finite e le baionette già montate. Al contrario il generale dei vietnamiti se ne sta al sicuro nel bunker sotterraneo mentre manda i suoi uomini a centinaia al massacro. Quanto sono diverse queste due concezioni di potere! Entrambi, sia il generale vietnamita che Moore, credono nell'autorità, ma soltanto uno dei due la vede come un servizio e non come un tornaconto personale. Anzi lui è quello che ha il dovere di impegnarsi più di tutti, di essere padrone di sé anche quando la paura invade i cuori degli altri. È davvero il primo a scendere sul campo di battaglia e l'ultimo ad andarsene, come aveva detto.
Questa era la concezione di potere che avevano i medievali, quando erano i nobili a fare le guerre e non ci si stupiva di vedere il re di Francia, Luigi IX, combattere e morire nella crociata per liberare la Terra Santa dall'invasore musulmano. È la concezione di potere che ha Gesù. Nessuno infatti dubitava della sua autorità fra gli apostoli, tanto che dirà: "Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene, perché lo sono", tuttavia laverà i piedi ai dodici apostoli per insegnargli che lui non esercita questo potere per il suo vantaggio, ma per servirli. E non lo dirà solo a parole, ma lo dimostrerà con i fatti quando verranno le guardie a catturarlo e si farà avanti dicendo: "Se dunque cercate me, lasciate che questi se ne vadano", proteggendo così i suoi apostoli.
Autorità e servizio non sono dunque in opposizione, ma sono due aspetti complementari che deve avere il superiore per essere giusto. Senza autorità non c'è più ordine, ma caos perché ognuno fa ciò che gli pare e non ci si può dirigere tutti verso un unico fine. Ma se il potere non è inteso come servizio diventa lo strumento per dominare sulle altre persone e quindi non fa il loro bene. La storia del colonnello Hal Moore ci fa vedere la figura di un vero uomo e di un vero capo che si spende totalmente per i suoi sottoposti tanto da arrivare a dire con commozione alla fine della battaglia: "Non me lo perdonerò mai... Che i miei uomini sono morti e io no".
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