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Il dissidente del governo kazako Mukhtar Ablyazov è ricercato dall’Interpol per truffa e reati fiscali. Durante la notte tra il 28 e il 29 maggio 2013 la polizia fa irruzione...
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Il dissidente del governo kazako Mukhtar Ablyazov è ricercato dall’Interpol per truffa e reati fiscali. Durante la notte tra il 28 e il 29 maggio 2013 la polizia fa irruzione in una villetta di Casal Palocco alle porte di Roma. Il banchiere non è lì. C’è Alma Shalabayeva, trovata in possesso di un documento contraffatto della Repubblica Centrafricana intestato ad Alma Ayan. Il marito della donna era un rifugiato: Alma Ayan era dunque un nome di copertura? Alma Shalabayeva viene fatta salire su un jet privato noleggiato dall’ambasciata di Astana ed espulsa dall’Italia insieme alla figlia Alua di sei anni. Un «rapimento di Stato», è stato definito. Il rimpatrio costa l’incriminazione e l’accusa di sequestro di persona a sei poliziotti. Tra loro ci sono i questori Renato Cortese, emblema dell’antimafia, e il collega Maurizio Improta. Le loro carriere si bloccano a causa della sentenza di Perugia che li ritiene responsabili di un «crimine di lesa umanità realizzato mediante deportazione». «Alma Shalabayeva serviva come esca per catturare il marito ribelle», tuona l’accusa. I superpoliziotti vengono condannati a cinque anni di carcere. Le parole dell’ex procuratore romano Giuseppe Pignatone aiutano gli imputati ad essere scagionati nel processo d’appello: «Nessuno ci parlò di asilo politico». Dirigenti, funzionari e agenti della questura di Roma hanno impiegato nove anni per dimostrare la loro innocenza.
Questo podcast è stato realizzato da Enzo Beretta per Umbria24 in collaborazione con Riccardo Luchini, in arte Ricky L. Segui tutti gli episodi iscrivendoti al canale Telegram "Enzo Beretta Alibi".
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21 SEP 2022 · Quando viene trattenuta Alma Shalabayeva non dice a nessuno che il marito è un oppositore del governo del Kazakhstan e che, quindi, il ritorno in patria potrebbe comportare rischi gravissimi per lei e per la figlia piccola. I nostri ministri di Interno, Esteri e Giustizia specificano più volte che l’ex funzionario di banca Mukhtar Ablyazov non aveva alcun permesso valido per stare in Italia: i poliziotti che hanno provato a catturarlo si sono ritrovati condannati per il rimpatrio della moglie. Un ordine deciso dall’alto? Le indagini non sono mai riuscite a far luce sul movente né sugli eventuali mandanti. Il livello politico è sempre rimasto fuori da questa presunta catena di responsabilità
24 SEP 2022 · Il tribunale di Perugia condanna Cortese e Improta per sequestro di persona. La pena è più che raddoppiata rispetto alle richieste della Procura. «Fu una extraordinary rendition», si legge nella sentenza. Il nuovo capo della Polizia, Lamberto Giannini, prende le difese dei colleghi. Il Viminale ribadisce che l’espulsione di Alma Shalabayeva è avvenuta nel rispetto delle norme di legge. I giudici d’appello riaprono il processo con la testimonianza di Giuseppe Pignatone
28 SEP 2022 · Eugenio Albamonte, il pubblico ministero assegnatario del fascicolo, dice che dall’ufficio immigrazione lo stavano compulsando per il nulla osta all’espulsione di Alma Shalabayeva. Il questore Maurizio Improta non ci sta: «Sono stato forse insistente, non certo inopportuno». La Procura generale va all’attacco, Cortese per la prima volta chiede la parola in aula: «La mia vita e la mia carriera meritano rispetto».
(foto Fabrizio Troccoli)
1 OCT 2022 · Nel corso della sua arringa il professor Franco Coppi dice che «accusare Renato Cortese di asservimento e di tradimento può essere giustificato solo se si è raggiunta la prova sicura». L’avvocatessa Ester Molinaro parla di una profonda ingiustizia subìta dal loro illustre assistito, lo specialista in latitanti che durante la sua brillante carriera ha inferto i colpi più violenti a Cosa Nostra assicurando alla giustizia boss del calibro di Giovanni Brusca e Bernardo Provenzano
24 MAR 2023 · Dopo dieci ore di camera di consiglio la Corte d’appello di Perugia emette il verdetto: vengono assolti tutti gli imputati. La sentenza ribalta quella di primo grado. Cortese si lascia sfuggire una frase laconica: «Una cosa del genere non sarebbe dovuta accadere in un Paese come l’Italia». E Improta: «Sono passati nove anni che nessuno ci restituirà»
(foto Fabrizio Troccoli)
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Il dissidente del governo kazako Mukhtar Ablyazov è ricercato dall’Interpol per truffa e reati fiscali. Durante la notte tra il 28 e il 29 maggio 2013 la polizia fa irruzione in una villetta di Casal Palocco alle porte di Roma. Il banchiere non è lì. C’è Alma Shalabayeva, trovata in possesso di un documento contraffatto della Repubblica Centrafricana intestato ad Alma Ayan. Il marito della donna era un rifugiato: Alma Ayan era dunque un nome di copertura? Alma Shalabayeva viene fatta salire su un jet privato noleggiato dall’ambasciata di Astana ed espulsa dall’Italia insieme alla figlia Alua di sei anni. Un «rapimento di Stato», è stato definito. Il rimpatrio costa l’incriminazione e l’accusa di sequestro di persona a sei poliziotti. Tra loro ci sono i questori Renato Cortese, emblema dell’antimafia, e il collega Maurizio Improta. Le loro carriere si bloccano a causa della sentenza di Perugia che li ritiene responsabili di un «crimine di lesa umanità realizzato mediante deportazione». «Alma Shalabayeva serviva come esca per catturare il marito ribelle», tuona l’accusa. I superpoliziotti vengono condannati a cinque anni di carcere. Le parole dell’ex procuratore romano Giuseppe Pignatone aiutano gli imputati ad essere scagionati nel processo d’appello: «Nessuno ci parlò di asilo politico». Dirigenti, funzionari e agenti della questura di Roma hanno impiegato nove anni per dimostrare la loro innocenza.
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