18 OCT 2023 · mentre siamo tutti concentrati sul Medio Oriente, si avvicina il primo anniversario del governo Meloni, che si è insediato il 22 ottobre 2022.
Su Appunti ne parleremo ampiamente, ma intanto vi sottopongo il podcast che ho fatto con Piero Ignazi, professore all’Università di Bologna, tra i politologi italiani più noti che per una lunga parte della sua carriera si è occupato di destra, italiana ed europea.
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Da poco il Mulino ha ripubblicato il suo fondamentale saggio del 1989 https://www.mulino.it/isbn/9788815386557, una storia della destra italiana dal Movimento sociale italiano a Fratelli d’Italia, con un capitolo conclusivo dedicato a Meloni.
Il sottotitolo del libro dice tutto: “La fiamma che non si spegne - da Almirante a Meloni”: Ignazi sottolinea la profonda continuità identitaria con una storia lunga, quella del postfascismo italiano.
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Meloni, nell’analisi di Ignazi, si ricollega al Msi di Giorgio Almirante e cancella la parentesi di Alleanza nazionale e di Gianfranco Fini, colpevole di aver tradito “l’idea” con progressivi strappi verso il centro, fino a scomparire nell’irrilevanza dopo la rottura con Silvio Berlusconi nel 2010 (qualcuno si ricorda ancora di Futuro e libertà?). In questa traiettoria, è illusorio aspettarsi che Giorgia Meloni ripercorra un percorso di progressiva rinuncia alle asperità delle origini e alla sua matrice chiaramente di destra.
Anzi, Fratelli d’Italia è nato proprio per rivendicare la continuità e presidiare una destra che l’allora partito unico voluto da Berlusconi, il Popolo della libertà, lasciava sguarnita.
Però è vero pure che l’esperienza di governo trasforma, che il quadro intorno si modifica e richiede adattamenti: la sconfitta degli alleati di Vox in Spagna prima e poi quella del PiS in Polonia nel weekend lasciano Meloni priva di sponde europee sulla destra radicale, mentre la destra istituzionale del Partito popolare europeo ha un disperato bisogno dei suoi voti.
Anche per rieleggere la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen per un secondo mandato dopo le elezioni europee del 2024.
Meloni, che non ha mai incluso nel suo ristretto gruppo dirigente del partito e del governo persone estranee alla tradizione postfascista (tranne Guido Crosetto e Raffaele Fitto), pagherà il prezzo della fedeltà alla propria storia o diventerà la conservatrice moderata che molti auspicano?
Dalla risposta a questa domanda dipende molto del destino del paese, e un po’ anche l’identità dell’opposizione Pd-M5s che deve decidere se consolidarsi intorno alla differenza valoriale con la destra di Meloni (e - in sintesi - arroccarsi sull’antifascismo) o se sfidarla sul piano pragmatico delle proposte e dei programmi.
Al momento non sta facendo davvero nessuna di queste due cose, con l’eccezione della battaglia sul salario minimo.
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