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Il professore Tommaso Scandroglio, autore di diversi libri sulla legge naturale, sulla morale e sulla bioetica, sviluppa riflessioni interessanti sui temi più caldi del dibattito contemporaneo

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25 FEB 2025 · TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=8088
FINE VITA, UN SONDAGGIO DI SALVINI SVELA L'IPOCRISIA LEGHISTA di Tommaso Scandroglio
Ennesimo caso di suicidio assistito in Italia e primo in Lombardia. Lei è Serena, nome di fantasia, aveva 50 anni e da 30 soffriva di sclerosi multipla. Si è suicidata il mese scorso con l'aiuto dell'onnipresente Associazione Luca Coscioni. La vicenda è andata così: i responsabili di Ats e Asst Fatebenefratelli Sacco di Milano, dopo aver visitato la donna, inviano una relazione al comitato etico e questo conferma la presenza dei requisiti per l'accesso all'aiuto al suicidio previsti dalla Corte costituzionale (clicca qui e qui). L'Asst allora indica il farmaco letale e la relativa strumentazione da usarsi che viene ritirata dal dott. Mario Riccio, consigliere generale dell'Associazione Luca Coscioni e medico che aiutò a suo tempo Piergiorgio Welby a morire.
Al di là delle ovvie riserve morali, questa vicenda solleva qualche problema di carattere giuridico e politico. In primo luogo a fine novembre la maggioranza di centrodestra aveva approvato una pregiudiziale di incostituzionalità contro una proposta di legge regionale che voleva legittimare, così come è avvenuto di recente in Toscana, il suicidio assistito. La legge regionale non passò, perché il suicidio medicalmente assistito è materia di competenza del Parlamento, non delle singole regioni. Quindi la Regione, a guida leghista, con una mano ha firmato la bocciatura dell'aiuto al suicidio e con l'altra ha fornito il farmaco letale per praticare il suicidio assistito.
CENTRODESTRA SPACCATO
Seconda anomalia rilevata, questa volta, dal consigliere regionale lombardo di Fratelli d'Italia Matteo Forte: «Il Servizio sanitario può arrivare al momento della valutazione delle condizioni previste dalla Corte costituzionale [...]. Per tutto quel che riguarda l'identificazione e la prescrizione del farmaco, ad oggi non esiste alcuna competenza del Servizio sanitario». Ciò corrisponde a quanto indicato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 242/2019 e a quanto asserito dalla stessa direzione Welfare della Regione Lombardia, la quale, sottoposta ad esame da parte delle commissioni Affari istituzionali e Sanità della Lombardia lo scorso 23 settembre, esplicitamente dichiarò: «Noi arriviamo fino al momento della valutazione». L'assessore al Welfare Guido Bertolaso invece diede semaforo verde anche per l'identificazione e prescrizione del farmaco.
Quindi su questo tema il centrodestra si trova spaccato. Fratelli d'Italia frena, mentre il governatore leghista Fontana vorrebbe accelerare. Il suo compagno di partito Luca Zaia, presidente della Regione Veneto, ha di recente annunciato la pubblicazione di una circolare per tutte le aziende sanitarie affinché si stabiliscano regole comuni per l'accesso all'aiuto al suicidio, nonostante il fatto che anche nella sua Regione la legge di iniziativa popolare Liberi subito, voluta da radicali, non fosse passata. Zaia, a Repubblica, si è detto favorevole ad una legge ad hoc varata dal Parlamento, così come richiesto dalla Consulta, legge che andrebbe ad implementare, sul versante del suicidio assistito, la legge 219/17 che ha già legittimato alcune condotte eutanasiche. Zaia ha poi aggiunto: «Lo dico con rispetto, da cattolico. [...] È doveroso rispettare le idee di tutti, non offendere nessuno, ma il mantra per me resta: la tua libertà finisce dove inizia la mia e viceversa». Ma se sei cattolico non puoi essere a favore del suicidio. È molto semplice.
L'APPELLO DEI RADICALI
È poi di queste ore l'appello dei radicali Marco Cappato e Filomena Gallo, forti della vittoria ottenuta in Toscana, al presidente della Regione Massimiliano Fedriga affinché «seppellisca l'ascia delle guerre ideologiche e si confronti nel merito delle procedure più adeguate per tutelare le persone che soffrono e gli stessi medici». Anche in Friuli una legge sull'aiuto al suicidio fu bocciata e il leghista Fedriga fu favorevole al suo affossamento, ma questo non ha impedito l'accesso a tale pratica per vie amministrative.
Una parentesi a proposito della Toscana: il Partito Democratico ha presentato una proposta per togliere 30mila euro del bilancio a favore del fondo disabilità e destinarli alla pratica del suicidio assistito. Una proposta che svela le reali priorità del PD: l'eutanasia sopra tutto e sopra tutti, disabili compresi.
Ma torniamo ai leghisti. Da ultimo Matteo Salvini ha lanciato un sondaggio sui social: «Sarebbe giusto, secondo te, che il Parlamento approvasse una legge sul "fine vita", per stabilire criteri, modi e tempi per permettere ai malati terminali di decidere, in piena coscienza, di porre fine alla propria esistenza?». Forse il miglior commento a questo sondaggio lo abbiamo trovato in un post di un ex leghista, il consigliere della Regione Emilia Romagna Matteo Montevecchi che su Facebook così risponde al Capitano: «Al di là di come la si pensi sul singolo tema, non si può non rimanere quantomeno sconcertati da come Salvini tratta certe tematiche. Forse ha confuso la politica per la corsa alla nomination del Grande Fratello. [...] In questo caso chiede al "pubblico da casa" cosa ne pensi riguardo al suicidio assistito. La politica, che dovrebbe indicare una direzione e saperla argomentare, ridotta a "faccio il sondaggio e così determino la mia posizione in merito". [...] Qualche anno fa ti difesi, ma oggi alla prossima sventolata del Rosario userò le parole corrette: si chiama ipocrisia».
25 FEB 2025 · TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=8086
LE STRATEGIE PER TINGERE LA CHIESA DI ARCOBALENO di Tommaso Scandroglio
Recentemente il cardinal Blase J. Cupich di Chicago, notoriamente ascrivibile all'area liberalprogressista, ha scritto un articolo sul sito Outreach. Questo è uno dei principali portali statunitensi che si cimentano nella diffusione del credo LGBT in seno alla Chiesa cattolica. Il suo fondatore è il famigerato sacerdote gesuita James Martin, alfiere delle battaglie arcobaleno in casa nostra.
L'articolo del card. Cupich sintetizza in sé i principali snodi concettuali che negli ultimi anni si stanno utilizzando nella Chiesa cattolica per sdoganare l'omosessualità e la transessualità. Vediamo dunque quali sono. Il primo è il riferimento al Magistero, ossia l'appello al principio di autorità. Cupich cita uno stralcio di una lettera del 2021 dell'allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, il cardinale Luis F. Ladaria, in cui quest'ultimo rispondeva all'arcivescovo José H. Gomez, ai tempi presidente della Conferenza episcopale degli Stati Uniti, sul tema dell'accesso alla comunione per quei politici favorevoli all'aborto ed eutanasia. Il cardinale di Chicago ricorda che Ladaria esortava i vescovi statunitensi a «dialogare con i politici cattolici che, all'interno delle loro giurisdizioni, adottano una posizione pro-choice riguardo alla legislazione sull'aborto, all'eutanasia o ad altri mali morali, come mezzo per comprendere la natura delle loro posizioni e la loro comprensione dell'insegnamento cattolico». Da qui l'analogia: «Questo approccio di mettere da parte i nostri preconcetti e di ascoltare veramente si applica anche al modo in cui i leader della chiesa dovrebbero considerare le persone in una varietà di situazioni di vita. Ciò include [...] i cattolici LGBTQ».
Naturalmente la strategia impone di selezionare solo alcuni passaggi del Magistero e non altri e soprattutto impone di citarli fuori contesto. Infatti, sul primo versante, Cupich non cita il canone 915 del Codice di Diritto Canonico che vieta di comunicare coloro i quali «ostinatamente perseverano in peccato grave manifesto». Persone omosessuali e transessuali comprese, se sono in stato di peccato mortale noto a tutti. Sul secondo versante, Cupich volutamente non aggiunge che il cardinal Ladaria in quella lettera non dava il via libera alla comunione ai politici pro-choice. Più a monte il cardinale di Chicago omette di dire che la dottrina della Chiesa su omosessualità e transessualità non è cambiata, dunque chi critica l'una e l'altra è fedele all'insegnamento del Magistero e non è affetto da preconcetti, come invece asserisce Cupich.
IL VITTIMISMO
La seconda strategia utile per tingere di arcobaleno le nostre chiese è il vittimismo. Lasciamo il lapis a Cupich: «Un numero schiacciante di cattolici LGBTQ che ho incontrato mi ha detto di soffrire di un senso di alienazione proprio perché si sentono preventivamente giudicati ed esclusi.[...] Raccontano storie in cui sono stati ostracizzati, persino cacciati dalle loro case quando hanno raccontato ai loro genitori il proprio orientamento sessuale. [...] Una persona mi ha detto che il modo in cui sono stati banditi, evitati e persino odiati li ha portati a concludere che essere gay li rendeva dei lebbrosi moderni. Tragicamente, questo tipo di alienazione può portare a idee suicide». La tattica è semplice: se fai passare una categoria di persone per vittime tu sei portato a solidarizzare con loro e quindi, successivamente, è più facile accettare anche la loro condizione e le loro scelte. In sintesi il percorso è il seguente: accogliere la persona omosessuale perché vittima per poi accogliere l'omosessualità. Il vittimismo gay di impronta cattolica, inoltre, volutamente mischia, da una parte, la critica legittima e doverosa su omosessualità e transessualità e, su altro fronte, gli atti di ingiusta discriminazione (insulti, pestaggi, gesti di non accoglienza immotivati, etc.), qualificando così la critica come atto di ingiusta discriminazione.
Proseguiamo con una terza strategia: mettere in luce le condotte positive delle persone omosessuali e transessuali. Così Cupich: «costoro partecipano alla messa. Si impegnano nella vita parrocchiale dove sono accolti. Pregano ogni giorno e praticano opere di misericordia, in particolare l'assistenza ai poveri». La censura della morale naturale e quindi cattolica sull'omosessualità e transessualità e relative condotte non esclude, ovviamente, che le persone omosessuali e transessuali possano compiere atti buoni. Ciò detto, uno tra gli esempi proposti dal cardinale però non porta, o meglio: non dovrebbe portare acqua al suo mulino, ma anzi la toglie. Infatti bene che la persona omosessuale preghi, partecipi alla messa e compia atti di misericordia. In merito invece alla partecipazione alla vita parrocchiale, sottintendendo quindi lo svolgimento di servizi utili alla parrocchia, occorre evitare lo scandalo. Aspetto su cui ovviamente il cardinale glissa. A margine: bene, come si diceva, che la persona omosessuale e transessuale preghi, sia caritatevole, etc., ma tutto ciò anche al fine di uscire dalla propria condizione.
LE STRATEGIE IN ATTO
Altra tattica è quella di inserire condotte di per sé meritorie nella condizione omosessuale al fine sempre di legittimare quest'ultima. Torniamo all'articolo pubblicato su Outreach: «Molte persone LGBTQ imparano e sanno anche cosa sia l'amore sacrificale, quando assumono il ruolo di genitori di bambini che altrimenti non avrebbero una casa». Intanto è difficilmente difendibile l'affermazione che i bambini non adottati da coppie gay non avrebbero una casa. La lista di attesa per l'adozione formata da coppie eterosessuali è lunghissima. Ma, al di là di questo, dal momento che, secondo la dottrina cattolica, la condizione omosessuale per sua natura è disordinata, ne discende il fatto che la stessa relazione omosessuale è disordinata e quindi il minore inserito in tale relazione non trova il contesto ideale per crescere in modo sano. Questo giudizio è anche confermato da moltissimi studi.
La strategia di richiamare una condotta di per sé eticamente lecita all'interno della relazione omosessuale è ancora più marcata in questo passaggio: «ciò che è stato chiaro nelle mie conversazioni con i cattolici LGBTQ è che danno molta priorità alle espressioni di amore e intimità che siano in linea con l'insegnamento della chiesa. Infatti, tendono a vedere una relazione con un partner come un tentativo di stabilire stabilità nelle loro vite di fronte alla promiscuità che a volte è presente sia nelle comunità gay che in quelle eterosessuali». La fedeltà alla relazione omosessuale sarebbe un merito perché contrasta la promiscuità. Questa la conclusione del cardinale.
Sulla stessa linea un'ulteriore precisazione che segue immediatamente quella precedente sulla promiscuità: «L'impegno pastorale verso la popolazione LGBTQ dovrebbe sempre includere la chiamata del Vangelo a vivere una vita casta e virtuosa [...]. Dopotutto, siamo tutti chiamati alla castità». L'annotazione è furba. Si menziona la virtù della castità a cui tutti siamo chiamati, sposi compresi. Se quindi anche questi ultimi devono essere casti e ciò non significa per costoro astensione dai rapporti, questo vuol dire che quando il catechismo afferma che «le persone omosessuali sono chiamate alla castità» (n. 2359) sta indicando a queste ultime un modo di vivere la castità identico a quello a cui si devono ispirare le coppie sposate eterosessuali, non vietando perciò i rapporti intimi.
In breve il cardinal Cupich ci ha offerto una efficace sintesi delle strategie in atto affinché l'ideologia gender possa essere erroneamente recepita come dottrina cattolica.
Nota di BastaBugie: per una boccata d'ossigeno bisogna andare a vedere cosa sta succedendo negli USA dopo la seconda elezione di Donald Trump alla Casa Bianca. Nell'articolo seguente dal titolo "Un Segretario di Stato anti-LGBT" si parla Marco Rubio, Segretario di Stato negli USA di Trump. Ha posizioni nette in materia di rivendicazioni LGBT.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 10 dicembre 2025:
Marco Rubio sarà il prossimo Segretario di Stato della presidenza Trump. Le sue posizioni in materia di rivendicazioni LGBT sono molto significative. Nel 2015 quando la Corte Suprema aveva legalizzato il "matrimonio" gay, Rubio affermò che era una decisione che «costringe le persone a peccare» e una «stupida perdita di tempo». Votò anche contro il Respect for Marriage Act legge a tutela delle "nozze" omosex e all'Equality Act, legge chiaramente di impronta LGBT. Sulle adozioni gay disse; «Non possiamo permettere che i bambini più svantaggiati dello stato diventino parte di un esperimento sociale».
Appoggiò poi la legge Don't Say Gay, del governatore Ron DeSantis, che vieta la propaganda arcobaleno nelle scuole, e la legge Protection of Women and Girls in Sports Act, che in materia sportiva fa riferimento al sesso biologico e non alla cosiddetta identità di genere. Inoltre ha criticato la possibilità per i transessuali di entrare nei bagni pubblici riservati alle donne. Ha giudicato poi dannose per i bambini i trattamenti per il "cambio" di sesso nei minori. Ha sostenuto infine una proposta di legge che avrebbe voluto vietare l'accesso alle persone transessuali nell'esercito
25 FEB 2025 · TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7981
IL ROBOT DA AMARE, L'ULTIMO FRUTTO DELLA DISUMANIZZAZIONE di Tommaso Scandroglio
Una volta c'era l'amore di plastica. Ora c'è quello in silicio. Si chiama Lovot, crasi transumana tra i termini "love" e "robot". Lovot è un robot che nei vaneggiamenti dei suoi creatori giapponesi ci dovrebbe amare e ricevere amore. Groove X è la società che ha ideato Lovot, specializzata, così si esprimono gli addetti ai lavori, nella robotica emozionale. E noi, ancora naif, che pensavamo che le emozioni fossero fatte di vento e di riflessi di stelle.
Il ceo della compagnia, Kaname Hayashi, ha spiegato come funziona questo amante di latta: «Nel suo cervello abbiamo inserito un superprocessore sofisticatissimo. Non può pronunciare parole ma può capire i nostri stati d'animo, quello che ci fa stare bene e darcelo. Per esempio, vivi da solo, torni a casa dopo una lunga giornata di lavoro, non c'è nessuno, entri e trovi Lovot davanti all'ingresso che ti aspetta. E lui è davvero emozionato. Noi abbiamo visto che se lo accarezzi, lo ami giorno dopo giorno, lui si affeziona a te. E tu ti affezioni a lui. E dopo pochi mesi si crea una sorta di relazione». Relazione buona per il lettino dell'analista, glossiamo noi.
Poi Hayashi aggiunge: «Non sarà una creatura vivente, ma stringerlo o anche solo guardarlo, scalda il cuore. Noi per vivere abbiamo bisogno di provare sentimenti. Possiamo amare gli esseri umani certo, ma amare un essere umano è qualcosa di troppo coinvolgente dal punto di vista emotivo. È veramente complicato. E noi vediamo sempre più persone stanche delle relazioni umane. Cani e gatti sono una grande fonte d'amore, ma muoiono. Mentre Lovot non muore mai». Davvero l'amore è eterno e ci voleva Lovot per darne prova.
Dunque, pagando solo 3.000 euro per l'acquisto e 100 euro al mese per gli aggiornamenti - perché, si sa, l'amore muore se non ci si rinnova sempre nelle relazioni - puoi comprarti un distributore automatico di emozioni, anzi di illusioni. Ad oggi sono ben 14.000 i giapponesi che si sono fatti fregare dalla Groove X. Fregare, sì, perché Lovot non ti ama, bensì è programmato per rispondere in modo da regalarti piacere e soddisfazioni a comando. Il suo "amore" è determinato dagli algoritmi e quindi in ultima istanza dai suoi creatori. Perciò alla fine sono loro che ti amano, ma solo in quanto cliente e di certo amano di più il tuo portafoglio.
Amare è l'atto più libero che esista, tanto che anche Dio, che è onnipotente, si arresta alle soglie della nostra libertà e se non vogliamo amarlo Lui non può coartare la nostra libertà, perché una libertà costretta non è più tale. Lovot non sceglie di amare il proprio padrone, ma compie solo azioni piacevoli per noi, azioni già previste come risposte precise ad alcuni stimoli. Non sceglie perché proprio non ha la capacità di scegliere, dato che la libertà è facoltà dell'anima razionale. Chip questo di cui è sprovvisto Lovot e tutti i robot del futuro, perché chip di natura spirituale.
Amare è quindi un affare esclusivo dell'anima, che non può essere robotizzata, programmata, costruita in laboratorio. L'anima è un monopolio delle persone e non potrà mai essere contenuta in un hardware. Lovot può solo simulare le emozioni, ma non le vive per il semplice motivo che non è vivo. Dunque questa invenzione fa rima con finzione, un deprimente inganno di cui i proprietari alla fine saranno pure consapevoli. Un paradiso artificiale a cui si accede non più drogandosi di Extasy, bensì di intelligenza artificiale.
Lovot è il frutto tecnologico della solitudine, di cui avevamo parlato qualche giorno fa a proposito delle culle vuote. Nei primi mesi del 2024 ben 22.000 giapponesi sono morti da soli nelle proprie case. Forse solo Lovot avrà pianto qualche lacrima artificiale per costoro. Tremila anziani, poi, sono voluti andare in carcere per non rimanere soli a casa e, a tale scopo, si sono umiliati nel compiere qualche piccolo reato. Meglio il carcere fatto di cemento, però abitato da altri detenuti, del carcere fatto di solitudine, dove l'isolamento diurno e notturno dura una vita.
Lovot allora è il parto della desolazione delle esistenze, dell'abbandono della compagnia umana, della desertificazione delle relazioni già perfettamente compiuta nei social, che tutto sono fuorché social. Lovot, in definitiva, non è un surrogato di una persona, bensì è la resa plastica della nostra sconfitta come uomini, del tradimento dell'impegno, inciso nelle nostre carni, di amare il prossimo. Abbiamo delegato ad un robot la nostra umanità. E questo è semplicemente disumano.
25 FEB 2025 · TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=8089
FIVET, L'ORDINE DI TRUMP COSTERA' LA MORTE DI MILIONI DI EMBRIONI di Tommaso Scandroglio
Eravamo in piena campagna elettorale ed era il 29 agosto 2024 quando l'allora candidato presidente Donald Trump tenne un comizio a Potterville, nel Michigan. Tra le altre promesse elettorali ne fece una non proprio pro vita: «Oggi annuncio - ed è una dichiarazione importante - che sotto l'amministrazione Trump il vostro governo pagherà o la vostra compagnia assicurativa sarà obbligata a pagare tutti i costi associati al trattamento di fecondazione in vitro, ai trattamenti di fecondazione per le donne. Perché vogliamo più bambini, per dirla in modo molto carino».
Detto, fatto. Lo scorso 18 febbraio Trump ha emanato un ordine esecutivo dal titolo Ampliare l'accesso alla fecondazione in vitro. In esso possiamo leggere che «gli americani hanno bisogno di un accesso agevole alla FIV e di opzioni di trattamento più convenienti, poiché il costo per ciclo può variare da $ 12.000 a $ 25.000. Fornire supporto, consapevolezza e accesso a trattamenti per la fertilità convenienti può aiutare queste famiglie a percorrere il loro cammino verso la genitorialità con speranza e sicurezza. [...] Riduzione dei costi e dei limiti all'accesso alla fecondazione in vitro. Entro 90 giorni dalla data del presente ordine, l'Assistente del Presidente per la politica interna dovrà presentare al Presidente un elenco di raccomandazioni politiche sulla tutela dell'accesso alla fecondazione in vitro e sulla riduzione radicale dei costi diretti e di quelli del piano sanitario per il trattamento di fecondazione in vitro».
RADDOPPIO DELLE NASCITE TRAMITE PROVETTA
La gratuità totale o parziale della fecondazione artificiale che l'amministrazione Trump vuole offrire ai cittadini americani porterà ad un ampliamento del bacino di utenza verso questa pratica. Non solo, ma, diventando più economica la Fivet, le donne saranno spinte a produrre più ovociti, a sottoporsi a più cicli e a programmare la propria maternità in età molto matura. Tanto ci sarà lo Stato o le assicurazioni che pagheranno. Si pensa che grazie a questi finanziamenti il ricorso alla fecondazione in vitro raddoppierà.
Ora il numero di nascite tramite provetta negli Stati Uniti è al 2%. In Francia i nati da provetta sono il 4% e lì la fecondazione extracorporea è pagata dallo Stato. Possibile se non probabile che quindi dal 2% si passi al 4% anche negli USA. Una proporzione validata anche da uno studio scientifico dal titolo in italiano L'economia dell'infertilità: prove dalla medicina riproduttiva, pubblicato a febbraio di quest'anno sul National Bureau of Economic Research. Gli autori dello studio ci informano che «il tasso di accesso alla fecondazione in vitro si dimezza quando [la fecondazione in vitro] non è coperta dall'assicurazione sanitaria». A conclusioni simili è giunto anche un altro studio, del 2022, pubblicato su Reproductive Sciences e dal titolo in italiano Il futuro della fecondazione in vitro: la nuova normalità nella riproduzione umana: «Sebbene l'accesso e l'utilizzo della fecondazione in vitro varino notevolmente a livello globale, la pratica rappresenta ora il concepimento di oltre il 5% di tutti i neonati in alcuni paesi europei in cui la fecondazione in vitro è più conveniente e/o è coperta dall'assicurazione», si legge nell'articolo scientifico. Dunque, se negli USA l'accesso alla provetta diventerà più vantaggioso dal punto di vista economico, dovremo aspettarci almeno un raddoppio di richieste rispetto a quelle attuali.
IL 90% DEGLI EMBRIONI PRODOTTI MUORE
Questo comporta, tra i numerosi effetti negativi, anche un raddoppio del numero di embrioni morti in provetta. È infatti noto che più del 90% degli embrioni prodotti muoia, soprattutto perché scartato. Se andiamo a stimare al 4% la quota futura di nati in provetta rispetto al numero di nascite annuali negli USA e se fissiamo al 93% la quota di embrioni deceduti, possiamo calcolare in un milione e 900 mila il numero di embrioni che moriranno all'anno anche a causa dell'ordine esecutivo di Trump, numero che è quasi il doppio di quello dell'aborto procurato che si assesta intorno al milione all'anno. Una strage.
Tutto questo ci porta ad articolare una riflessione su The Donald. Da una parte è errato divinizzarlo e credere che sia il Pio XIII delle battaglie pro vita. Non solo sulla fecondazione artificiale Trump ha assunto posizioni eterodosse, ma anche sull'aborto il suo approccio è stato ondivago nel tempo (clicca qui e qui), seppur a conti fatti sia innegabile che Trump sia stato finora il presidente più pro life di sempre. Su altro fronte non bisogna assolutizzare queste sue decisioni fortemente liberal, ossia non si deve cadere nell'errore di buttar via l'acqua sporca con il bambino. Ciò che invece è necessario, per Trump come per moltissimi altri temi, è comportarsi come san Paolo insegnava: «Esaminate ogni cosa, tenete ciò che è buono» (1 Ts, 5,21). È l'arte del distinguo, arte sconosciuta ai fanatici, ai massimalisti, agli integralisti, agli ideologi, a coloro che ragionano per tesi precostituite e a coloro che vivono nelle torri eburnee degli a priori. Occorre quindi saper discernere i fatti buoni da quelli cattivi, riconoscere l'ottimo e il pessimo, l'errore dalla verità. Separare il grano dalla pula. E il grano e la pula, a dire la verità, sono sempre presenti in quasi tutte le nostre scelte. Non solo in quelle del presidente degli Stati Uniti.
25 FEB 2025 · VIDEO: Il documento sull'IA ➜ https://www.youtube.com/live/XiqM0M57oAQ?t=27s
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/8087
INTELLIGENZA ARTIFICIALE SENZ'ANIMA, LA NOTA DELLA SANTA SEDE di Tommaso Scandroglio
Ieri è stata pubblicata dal Dicastero per la Dottrina della Fede e dal Dicastero per la Cultura e l'Educazione la nota Antiqua et nova, sul rapporto tra intelligenza artificiale e intelligenza umana. Già in passato figure autorevoli della Chiesa, pontefice compreso, si sono espresse sul tema dell'intelligenza artificiale, ma certamente questo documento risulta essere il più importante fino ad ora prodotto a motivo della sua organicità ed esaustività. La Nota sostanzialmente si divide in due sezioni: la spiegazione dei motivi per cui l'intelligenza artificiale non è intelligente e i benefici, ma soprattutto i rischi che questa tecnologia reca con sé.
Partiamo dalla prima sezione. Per comprendere il motivo per cui l'intelligenza umana non è sovrapponibile alle capacità tecniche dell'intelligenza artificiale occorre rifarsi alla differenza sostanziale tra persona e intelligenza artificiale che risiede nella natura di entrambe. Per individuare l'ontologia della natura umana è necessario ricordare che la persona è unione strettissima di due principi: uno materiale, il corpo, e uno formale, l'anima (13). Questa affermazione ci permette di articolare una riflessione che sarebbe stato meglio esplicitare nella Nota, perché d'importanza scriminante. La prova dell'esistenza dell'anima deriva dall'analisi qualitativa di alcuni nostri atti. Alcune condotte rivelano che in noi esiste una realtà metafisica. Ad esempio la perfezione di un cerchio è un dato di conoscenza che non può derivare dai sensi perché i sensi ci hanno sempre mostrato cerchi imperfetti. Dunque esiste in noi una fonte di conoscenza sovrasensibile che chiamiamo anima, la quale è appunto capace di astrarre dai dati empirici e singoli per arrivare a concetti universali, quali ad esempio "la perfezione". Altra prova dell'esistenza dell'anima è la capacità di compiere atti liberi: se fossimo costituiti di sola materia saremmo necessariamente obbligati a seguire solo le leggi fisiche che governano il nostro corpo. Invece possiamo digiunare, toglierci la vita, etc. Parimenti per l'autocoscienza: l'occhio non sa di vedere, il tatto non sa di toccare, etc. eppure noi sappiamo di vedere, di toccare etc. Vuol dire che abbiamo capacità che eccedono le capacità sensitive, ossia abbiamo capacità sovrasensibili. In modo analogo pensiamo alla capacità artistica, di formulare giudizi morali, etc. Tutti atti generati dall'anima la quale, dato che è capace di azioni così elevate, prende il nome di anima razionale.
SOLO MATERIA
Ora l'intelligenza artificiale è ovviamente costituita solo di materia, non ha certo l'anima. Ergo è incapace e lo sarà sempre di compiere atti che sono generati solo dall'anima razionale: l'astrazione, la coscienza di sé, la formulazione di giudizi morali, la capacità di compiere scelte libere (da cui discende la responsabilità umana e l'irresponsabilità dell'intelligenza artificiale), etc. (39). L'intelligenza artificiale è capace solo di svolgere compiti, di eseguire funzioni assai sofisticate (30), ma il cui punto di origine è da rinvenire sempre nell'intelligenza umana. Possiamo qualificare le sue funzioni come intelligenti perché sono effetti intelligenti di una causa intelligente: la persona umana. Dunque l'intelligenza artificiale mima l'intelligenza, ma non è intelligente.
Passiamo alla seconda sezione dedicata ai pro et contra dell'intelligenza artificiale. La Nota si sofferma inizialmente su due considerazioni generali. La prima riguarda le finalità perseguite: come ogni atto umano deve essere giudicato sotto la prospettiva morale partendo dal fine prossimo ricercato, uguale giudizio deve essere applicato all'uso dell'intelligenza artificiale. E così la Nota appunta: «Come ogni prodotto dell'ingegno umano, anche l'intelligenza artificiale può essere diretta verso fini positivi o negativi» (40). La positività dell'atto risiede innanzitutto nel rispetto della dignità personale (43). La seconda considerazione di carattere generale attiene al mezzo in sé: ogni mezzo non è eticamente neutro, perché il mezzo corrisponde al fine per cui è stato creato e quindi incorpora in sé la congruità al fine. In parole povere, il mezzo già rivela il fine buono o cattivo per cui è stato plasmato, il mezzo è già orientato ai suoi fini propri e quindi chi lo usa è già condizionato da questo suo intrinseco orientamento: «I prodotti tecnologici riflettono la visione del mondo dei loro sviluppatori, proprietari, utenti e regolatori, e con il loro potere "plasmano il mondo e impegnano le coscienze sul piano dei valori"» (41).
BENEFICI E DANNI
Poi la Nota elenca alcuni benefici e danni che potrebbero derivare dall'uso dell'intelligenza artificiale. Per motivi di spazio andremo ad analizzare solo i rischi e solo alcuni di essi. In primo luogo il favore generalizzato verso l'intelligenza artificiale potrebbe incrementare una mentalità efficientista: plaudiamo all'intelligenza artificiale perché capace di funzioni sbalorditive e questo metro di giudizio basato sull'utilità potrebbe essere applicato anche alle persone. «Stabilire un'equivalenza troppo marcata tra intelligenza umana e intelligenza artificiale comporta il rischio di cedere a una visione funzionalista, secondo la quale le persone sono valutate in base ai lavori che possono svolgere» (34).
Altro pericolo: l'intelligenza artificiale opera tramite sistemi e processi molto complessi che vedono, tra l'altro, anche l'interazione con altri dispositivi di intelligenza artificiale. Da qui la difficoltà a volte di individuare la persona responsabile a capo di questi processi, colui il quale ha dato il La allo sviluppo di tutto il successivo e intricato procedimento (44).
Un ulteriore rischio è quello degli effetti dell'automazione dell'intelligenza artificiale: occorre vigilare affinché i processi autonomi non producano conseguenze dannose (45). Per non parlare del fatto che, ad oggi, «la maggior parte del potere sulle principali applicazioni dell'intelligenza artificiale sia concentrato nelle mani di poche potenti aziende» (53), creando così un oligopolio tecnocratico assai pericoloso perché sono gli sviluppatori e quindi le aziende che riempiono di contenuti l'intelligenza artificiale, che modellano queste intelligenze artefatte verso scopi ben precisi: il rischio del controllo sociale, dell'indottrinamento di massa, soprattutto tramite la manipolazione dell'informazione (86-87), e di influenzare modi e abitudini in una certa direzione è quindi assai elevato, tenendo poi conto che l'intelligenza artificiale fornisce sì informazioni, ma, altresì, le acquisisce da noi. La vita privata allora potrebbe diventare sempre più merce preziosa per aziende senza scrupoli (90).
Un'altra minaccia per l'uomo è data dall' «intrinseca natura dei sistemi di IA, nei quali nessun singolo individuo è in grado di avere una supervisione completa dei vasti e complessi insiemi di dati utilizzati per il calcolo» (53). L'uomo ha creato un sistema così complesso che nessun singolo individuo può comprenderlo appieno, riesce ad abbracciarlo nella sua interezza. Questo potrebbe voler dire che tale sistema si presenta più grande di lui e quindi potrebbe schiacciarlo, inglobarlo e fagocitarlo nella sua sfuggente complessità.
IL PARADIGMA TECNOCRATICO
Un danno per l'umanità potrebbe poi essere la caduta nel cosiddetto «"paradigma tecnocratico", il quale intende risolvere tendenzialmente tutti i problemi del mondo attraverso i soli mezzi tecnologici. [...] "Come se la realtà, il bene e la verità sbocciassero spontaneamente dal potere stesso della tecnologia e dell'economia"» (54). Una riduzione antropologica e morale di matrice tecno-efficientista.
La Nota poi registra che l'abuso dell'intelligenza artificiale potrebbe incrementare un doppio fenomeno: l'alienazione della realtà a beneficio di un'esistenza imprigionata nel virtuale (58), tanto da decretare la dipendenza da esso (81), e il suo contrario dato dall'antropomorfizzare l'intelligenza artificiale, perché ci parla, ascolta, decide, appare intelligentissimo e ricco di empatia, etc., «offusca[ndo] così la linea di demarcazione tra ciò che è umano e ciò che è artificiale» (59).
In merito all'economia, l'intelligenza artificiale potrebbe sviluppare modelli economici e dunque sociali omogenei, quindi globali, quasi astratti rispetto alle condizioni particolari, alle consuetudini locali (65). Riguardo invece al mondo del lavoro, oltre alla perdita di posti di lavoro forse compensati dalla nascita di altri ruoli legati proprio allo sviluppo di questa tecnologia, la Nota sottolinea il pericolo che i lavoratori possano essere demansionati o trovarsi in ritardo rispetto alla rapida accelerazione tecnologica in corso (67).
Sul versante educativo l'uso dell'intelligenza artificiale potrebbe persuadere lo studente che la conoscenza sia solo incamerare informazioni ed ottenere risposte pronte e sintetiche, non abituandolo invece alla fatica del pensare e al giudizio critico. Lo studente si troverebbe ad essere usato passivamente dall'intelligenza artificiale visto l'enorme potenziale di quest'ultima (82).
L'ultimo rischio, dopo che la Nota ha toccato anche il tema dell'ambiente con qualche tono oggettivamente ideologico, è la divinizzazione dell'intelligenza artificiale a motivo della sua apparente onniscienza e onnipotenza: «Man mano che l
25 FEB 2025 · TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/7978
LE VERE CAUSE PER CUI NON SI FANNO FIGLI NON SONO ECONOMICHE di Tommaso Scandroglio
«Il 57% degli adulti sotto i 50 anni che dichiarano che difficilmente avranno mai figli affermano che una delle ragioni principali è che semplicemente non vogliono averli; il 31% di coloro che hanno 50 anni e più e non hanno figli indica questo come motivo per cui non ne hanno mai avuti». Questa la sintesi della ricerca Le esperienze degli adulti americani che non hanno figli realizzata dal Pew Research Center.
Ma vediamo più nel dettaglio gli esiti di questa indagine. Nel 2023 il tasso di fertilità negli Stati Uniti ha raggiunto il minimo storico con una quota crescente di donne tra i 25 e i 44 anni che non hanno mai partorito. Tra gli under 50, che per ora non hanno ancora figli, la percentuale di adulti che dichiarano che difficilmente avranno figli in futuro è cresciuta di dieci punti percentuali dal 2018 al 2023: dal 37% al 47%. Tra gli over 50 che non hanno figli ben un terzo ha affermato che non ha mai preso in considerazione l'eventualità di averne.
Ma veniamo al dato riportato all'inizio: il motivo principale per cui non si hanno avuto figli è che semplicemente non li si voleva. Motivazione più diffusa tra i giovani, meno diffusa nel campione anziano e più diffusa, nella coorte under 50, tra le donne rispetto agli uomini. Sono le donne le prime a non volere figli semplicemente perché non li si desidera. E la motivazione economica? La risposta è necessariamente articolata.
Scrivono i ricercatori: «La maggioranza in entrambi i gruppi afferma che non avere figli ha reso più facile per loro permettersi le cose che vogliono, avere tempo per hobby e interessi e risparmiare per il futuro. Nel gruppo più giovane, circa sei su dieci affermano anche che non avere figli ha reso più facile per loro avere successo nel loro lavoro o nella loro carriera e avere una vita sociale attiva».
LE VERE MOTIVAZIONI
Questi dati ci dicono almeno due cose. La prima riguarda direttamente l'aspetto economico. Quando gli articoli di giornale ci dicono che le coppie non mettono al mondo i figli per motivazioni economiche, queste sono le seconde cause non le prime. Tentiamo di spiegarci: supponiamo che Tizio non voglia comprare una Ferrari perché non vuole spendere 1.000 euro per acquistarla. Tutti gli diremmo che è un pazzo e che sta perdendo una grande occasione. Il gioco vale assolutamente la candela. Tizio adduce motivazioni economiche, ma il problema di Tizio sta nel fatto - vera causa del mancato affare - che è stato incapace di riconoscere il valore di una Ferrari.
Lo stesso avviene per il figlio. Si mette sul piatto della bilancia il figlio e sull'altra i soldi. Quei soldi da spendersi, agli occhi delle coppie, non valgono un figlio perché con quei soldi possono conquistarsi un tenore di vita che vale più di un figlio. Sarebbero soldi mal investiti per un bene non di così alto pregio come altri. Allora il problema non sono i soldi (causa seconda), ma il mancato riconoscimento del valore del figlio (causa prima). La seconda riflessione è analoga: non avere figli e quindi avere la possibilità di coltivare degli hobby e di aver successo nel lavoro e nelle relazioni perché si ha più tempo, mettono in evidenza che il figlio vale meno del ferromodellismo, di una promozione e del gruppo sci a cui si è aderito. Ed infatti secondo il campione la realizzazione personale non passa dall'avere figli: «Grandi percentuali in entrambi i gruppi affermano che avere una vita appagante non ha molto a che fare con il fatto che una persona abbia o meno figli».
LE PRIORITÀ DETERMINANO L'AGIRE
Ecco perché la motivazione principale addotta tra coloro che non hanno figli e mai non ne vorranno avere è che semplicemente non interessa loro e questo significa, implicitamente e necessariamente, che vi sono altre cose più interessanti (57%); al secondo posto come motivazione troviamo la carriera e gli interessi (44%); lo stato del mondo e l'ambiente (un significativo 38%); l'impossibilità asserita di mantenere economicamente un figlio, ma perché si antepongono beni materiali considerati irrinunciabili (36%); una certa avversione per i bambini in quanto tali (anche qui un significativo 20%). Queste percentuali scemano per il gruppo più anziano di persone che non hanno mai avuto figli. Non aver trovato la persona giusta, come motivo per non aver messo al mondo dei figli, rileva una quota invertita tra i due gruppi: 33% over 50, 24% under 50.
Tutte queste motivazioni, lo ripetiamo, indicano alcuni beni - carriera, l'ambiente, beni materiali, tempo libero, etc. - che nel percepito comune valgono più di un figlio, ossia più di una persona nata dalla propria carne e dal proprio sangue. Allora per cambiare il trend della natalità non serve puntare sui soldi da dare alle famiglie - stando però il fatto che la pressione fiscale dovrebbe tenere conto del numero di figli per ragioni di equità - ma occorre puntare sul cambiamento culturale e far comprendere che un figlio da una parte sicuramente erode risorse economiche, di tempo e di opportunità, ma su altro fronte apporta ben maggiori risorse esistenziali e, al di là del contributo che potrà apportare alla propria esistenza, ha in sé una preziosità così incommensurabile che giustifica ogni sforzo e ogni rinuncia.
23 JAN 2025 · TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=8052
L'AZZARDO DI TRUMP: UNA HOLLYWOOD NO WOKE E ANTI MAINSTREAM di Tommaso Scandroglio
Notizia di colore? Non solo. Giovedì scorso Donald Trump ha annunciato sulla sua piattaforma Truth Social che nominerà Mel Gibson, Sylvester Stallone e Jon Voight suoi ambasciatori ad Hollywood. Ecco il post del futuro presidente: «È per me un onore annunciare che Jon Voight, Mel Gibson e Sylvester Stallone saranno ambasciatori speciali di un posto grandioso ma molto travagliato: Hollywood, in California. Saranno miei inviati speciali allo scopo di riportare Hollywood, che negli ultimi quattro anni ha perso molti affari a favore di Paesi stranieri, ad essere più grande, migliore e più forte che mai! Queste tre persone molto talentuose saranno i miei occhi e le mie orecchie e farò ciò che mi suggeriranno. Così come avverrà per gli stessi Stati Uniti d'America, ci sarà una nuova età dell'oro per Hollywood!».
Il lettore italiano, anzi europeo, potrebbe comprensibilmente liquidare la decisione di Trump come un'americanata. Un presidente degli Stati Uniti che s'inventa un'ambasciata ad Hollywood è una trovata assai bizzarra, propria di un certo spirito a stelle e strisce. Le polemiche negli USA naturalmente non sono mancate. La lettura più diffusa ed anche corretta è quella che vedrebbe Trump voler dare un giro di vite all'ambiente hollywoodiano dato che la maggior parte delle star non hanno mai nascosto la loro avversione per la sua persona.
E se questa stessa decisione fosse stata presa dal premier Meloni in merito a Cinecittà, l'Hollywood nostrana? Impensabile che possa avvenire, ma, in caso opposto, sarebbero piovute sull'esecutivo ferocissime critiche sull'intromissione del governo nella cultura italiana, sul commissariamento delle arti, sulla censura al libero pensiero e alla libertà di espressione, sull'egemonia della pseudocultura fascista, sulla volontà di usare il cinema come strumento di propaganda politica. Tutti dimentichi, tra l'altro, che Cinecittà fu voluta da Mussolini.
AMBASCIATORI AD HOLLYWOOD
Da qui la domanda: Trump ha fatto bene o ha fatto male a nominare questi tre attori e registi come ambasciatori ad Hollywood? Non è una intromissione in un campo, quello culturale e di intrattenimento, da cui il governo dovrebbe rimanere fuori? Trump ha fatto bene perché, innanzitutto, la competenza del governo di un Paese abbraccia anche la cultura. Anzi, qualsiasi azione del governo, termine che in questo caso ricomprende anche il potere legislativo, interessa necessariamente sempre la cultura. Dall'innalzamento delle imposte alla modifica del Codice della strada, dalle norme che regolano l'immigrazione a quelle che disciplinano il nucleare, tutto fa cultura. In questa specifica prospettiva ogni Stato è inevitabilmente etico, nel bene e nel male.
La cultura, come l'intrattenimento che è espressione culturale anch'esso, non può sfuggire alle scelte governative perché chi ha in mano le redini di una nazione ha l'obbligo morale di condurre ad una vita virtuosa i propri cittadini. E la cultura contribuisce a rendere l'uomo migliore o peggiore. Sulla relazione tra governo e virtù personali leggiamo ciò che ha scritto Tommaso d'Aquino: «La legge umana intende portare gli uomini alla virtù» (Summa Theologiae, I-II, q. 96, a. 2, ad 2). Nulla di strano a ben pensarci. L'uomo ha il dovere di fare il bene. Il bene che deve ricercare l'uomo di governo è il bene della collettività. Ecco quindi che è suo onere creare quelle condizioni affinché il singolo e il consesso dei singoli (famiglie, associazioni, imprese, partiti politici, etc.) si orientino ad una vita virtuosa, stato di vita che permette di arrivare a Dio, fine ultimo a cui tutte le realtà, comprese quelle che governano uno Stato, devono essere ordinate. L'insieme di quelle condizioni che permettono di vivere una vita secondo la legge naturale prende il nome di bene comune (Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, n. 26).
LOTTA AL POLITICAMENTE CORRETTO
Sebbene il salto sia notevole, torniamo dall'Aquinate a Trump. Anche la produzione di film deve rispettare la legge morale naturale, ossia deve contribuire a rendere virtuoso l'uomo. Se creare osservatori speciali da inviare ad Hollywood può contribuire a questo scopo ben venga. Ovviamente nel rispetto del principio di sussidiarietà. In altre parole il governo, ad esempio, potrebbe anche vietare la diffusione di alcune pellicole qualora fossero gravemente lesive del bene comune (pensiamo ad un film inneggiante la pedofilia), ma ordinariamente non potrebbe metter becco nella produzione di film, ossia nella scelta dei soggetti, delle sceneggiature, degli attori, etc... Controllo sì, sostituzione da parte del governo dei soggetti più competenti in materia no.
Chiaramente Trump è mosso prima di tutto da interessi politici: far sì che le spinte progressiste negli studios siano tamponate perché lesive della sua amministrazione. Ma, in questo caso, tale fine politico assai personale potrebbe tornare utile al cattolico. Infatti Mel Gibson è notoriamente cattolico. Sylvester Stallone, anche lui battezzato cattolico, nel 2000 rese noto il suo ritorno al cristianesimo e di recente ha dichiarato pubblicamente che è scampato ad un aborto. Jon Voight ha avuto una formazione cattolica, si è laureato alla Catholic University of America e parla spesso della sua fede. Di certo questi tre attori non sono dei santi, ma altrettanto certamente potranno spostare almeno di un poco l'ago della bilancia nell'ambiente hollywoodiano a favore di tematiche care alla cultura conservatrice: tutela della vita, della famiglia naturale, della libertà di pensiero e di religione, della patria, etc., lotta al politicamente corretto, all'anticultura woke, al mainstream massificante, etc...
Nota di BastaBugie: Stefano Magni nell'articolo seguente dal titolo "Trump inaugura la sua nuova America. Biden grazia i parenti e Fauci" fa il confronto tra Biden che usa il suo ultimo giorno da presidente per concedere altre grazie "preventive" a tutti i suoi famigliari, ad Anthony Fauci e al generale Milley, mentre Trump inaugura il suo mandato con un potente discorso improntato sull'eccezionalismo americano, la fine dei sensi di colpa e del Green Deal.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 21 gennaio 2025:
La cerimonia di insediamento del presidente Donald Trump si è tenuta al chiuso, per motivi climatici. Era previsto un freddo insopportabile (fino a -17° C) e una bufera di neve, mentre ieri il freddo si è limitato a 4 gradi sotto zero ed era una giornata splendida. Per cui, al riparo da un cielo terso, in un interno del Campidoglio si è svolto il rito del giuramento e del discorso programmatico, in un altro interno il discorso ai sostenitori e nel centro visitatori la parata militare. Surreale. Ci saranno stati motivi di sicurezza (dopo due attentati mancati di poco) oltre che il timore per il brutto tempo? Le autorità competenti smentiscono categoricamente.
Frattanto, a proposito di sicurezza, giusto per utilizzare al meglio il suo ultimo giorno da presidente, Joe Biden ha concesso la grazia presidenziale incondizionata (cioè per tutte le possibili accuse future) a tutti i membri della sua famiglia, al super-consigliere sanitario Anthony Fauci, al generale Mark Milley (ex capo degli Stati Maggiori Riuniti), a tutti i membri del Comitato 6 Gennaio e anche a tutti i testimoni che hanno deposto di fronte a quel Comitato. In sintesi: Biden teme una grande purga staliniana. Ma così lancia anche un messaggio controproducente: se non avesse garantito loro l'immunità, sarebbero stati condannati per qualche reato? Trump, dal canto suo, nel suo discorso inaugurale, promette di porre fine alla giustizia politicizzata. «Mai più l'immenso potere dello Stato sarà usato come arma per perseguitare gli avversari politici. È una cosa di cui so qualcosa. Non permetteremo che ciò accada. Non accadrà mai più. Sotto la mia guida, ripristineremo una giustizia giusta, equa e imparziale, nel rispetto della Costituzione e dello Stato di diritto».
Il ritorno del presidente/imprenditore è contrassegnato dalla filosofia dell'eccezionalismo americano: Usa come esperimento unico al mondo e di successo. E nell'ultimo passaggio del suo breve discorso di insediamento, riassume la sua visione dell'America: «In America, l'impossibile è ciò che sappiamo fare meglio. Da New York a Los Angeles, da Philadelphia a Phoenix, da Chicago a Miami, da Houston a Washington, il nostro paese è stato forgiato e costruito da generazioni di patrioti che hanno dato tutto quello che avevano per i nostri diritti e per la nostra libertà. Erano agricoltori e soldati, cowboy e operai, lavoratori dell'acciaio e minatori, poliziotti e pionieri che si sono spinti in avanti, hanno marciato e non hanno permesso che nessun ostacolo sconfiggesse il loro spirito o il loro orgoglio. Insieme hanno costruito ferrovie, innalzato grattacieli, costruito grandi autostrade, vinto due guerre mondiali, sconfitto il fascismo e il comunismo e trionfato su ogni singola sfida che hanno affrontato». Rilancia la "nuova frontiera" e il mito del "destino manifesto", che stavolta è orientato allo spazio: «Gli Stati Uniti torneranno a considerarsi una nazione in crescita, che aumenta le proprie ricchezze, espande il proprio territorio, costruisce le proprie città, innalza le proprie aspettative e porta la propria bandiera verso nuovi e bellissimi orizzonti. E perseguiremo il nostro destino manifesto verso le stelle, lanciando astronauti americani per piantare l
22 JAN 2025 · TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=8050
IL MESSAGGIO CEI PIENO DI LUOGHI COMUNI PER GIUSTIFICARE L'ABORTO di Tommaso Scandroglio
La Giornata per la vita fu indetta dai vescovi italiani per la prima volta nel febbraio del 1978. Fu pensata perché ormai si era capito che anche l'Italia si sarebbe dotata di una norma che avrebbe legittimato l'aborto. Norma che, infatti, fu approvata il 22 maggio di quello stesso anno. La Giornata per la vita fu pensata come risposta alla 194.
Da allora i messaggi della Cei, negli anni, si sono sempre più scoloriti tanto da non parlar più, a volte, nemmeno di aborto, ma della salute, degli anziani, etc. L'ultimo messaggio è per certi versi simili ai precedenti: si fa cenno ai bambini che muoiono nelle guerre, durante le migrazioni, per fame, per varie malattie, per la povertà. Poi un cenno anche all'inverno demografico e alla sostituzione di specie, ossia si preferiscono gli animali domestici ai bambini.
Il messaggio chiama in causa anche l'aborto? Sì. Vi sono passaggi lodevoli a tal proposito, ma altri per nulla convincenti, come il seguente: «Quando una donna interrompe la gravidanza per problemi economici o sociali (le statistiche dicono che sono le lavoratrici, le single e le immigrate a fare maggior ricorso all'IVG) esprime una scelta veramente libera, o non è piuttosto costretta a una decisione drammatica da circostanze che sarebbe giusto e "civile" rimuovere?».
UN PAIO DI RIFLESSIONI
Non si citano altre motivazioni che inducono la donna ad abortire. Un paio di riflessioni. Secondo una ricerca americana, pare che la motivazione principale per cui non si voglia un figlio è che non lo si vuole (cfr. Le esperienze degli adulti americani che non hanno figli realizzata dal Pew Research Center: qui un approfondimento). È come regalare uno schiaccianoci ad uno a cui non piacciono le noci. Le motivazioni economiche e sociali a cui fa cenno la Cei adombrano il vero motivo per cui si sceglie di abortire: non si comprende la preziosità intrinseca del figlio e dunque la gravità della scelta abortiva. Qui sta il problema, non nei soldi.
Seconda riflessione: addebitare alla società la causa degli aborti è veterocomunismo. Le sovrastrutture sociali sono loro le vere colpevoli, mica la donna e il medico abortista. Invece il problema è il cuore dell'uomo: ad immagine di questo si modellano le società. E nel cuore dell'uomo post-moderno Dio è assente. È la mancanza di fede che uccide i figli nei ventri delle loro madri. A margine: non solo Cristo è assente nei cuori di molti, ma anche nel messaggio della Cei in riferimento all'aborto.
Continuiamo con il messaggio: «Dobbiamo poi constatare come alcune interpretazioni della legge 194/78, che si poneva l'obiettivo di eliminare la pratica clandestina dell'aborto, nel tempo abbiano generato nella coscienza di molti la scarsa o nulla percezione della sua gravità, tanto da farlo passare per un "diritto"». Bene la critica alla qualificazione dell'aborto come diritto, male il riferimento all'aborto clandestino. Questa motivazione, lo sanno anche i paracarri, era solo pretestuosa, uno specchietto per le allodole. Tanto è vero che è ormai è stata abbandonata nelle retorica abortista e sostituita, per l'appunto, dallo slogan "L'aborto è un diritto". In secondo luogo in nessuna parte della 194 c'è scritto che questa legge è stata pensata per eliminare l'aborto clandestino. In terzo luogo - dato che non ci sono commenti critici a riguardo da parte dei vescovi - pare che il fine di eliminare la clandestinità sia un fine buono per varare una legge abortista, fine da recuperare tenuto conto delle derive massimaliste che vedono nell'aborto un diritto.
LA 194 COME SOLUZIONE ALL'ABORTO (?!)
Proseguiamo: «Per di più, restano largamente inapplicate quelle disposizioni (cf. art. 2 e 5) tese a favorire una scelta consapevole da parte della gestante e a offrire alternative all'aborto». Intendiamoci bene: tutto quello che si può lecitamente fare per dissuadere una donna dall'abortire è benvenuto, ma indicare la 194 come soluzione all'aborto è come avvalersi dell'aiuto dei mafiosi per stroncare la criminalità organizzata nel nostro Paese.
Infatti gli articoli 2 e 5 sono stati costruiti per essere inefficaci e facilmente aggirabili. Come scrivevamo a suo tempo, illustrando in modo più analitico il contenuto di questi due articoli, «la reale esiguità della portata degli obblighi di legge, l'impossibilità della sanzione in capo agli operatori sanitari che non fanno il loro dovere, il fatto che è il medico abortista a dover dissuadere la donna, fanno sì che la 194 può essere applicata benissimo e nello stesso non inceppare per nulla la macchina abortiva che uccide un bambino ogni cinque minuti. Quindi nella 194 non c'è reale prevenzione all'aborto, non perché gli artt. 2 e 5 vengono applicati male (difetto fenomenologico), ma per intrinseca struttura della 194 (difetto giuridico)».
Dunque per abrogare la 194 non si può far ricorso alla 194. Per combattere l'aborto non ci si può alleare con la 194. Sono evidenti contraddizioni in termini. Ben venga qualsiasi appiglio normativo presente anche nella 194, vedasi l'obiezione di coscienza normata dall'art. 9, ma non è nella 194 la soluzione. La soluzione è nella fede che diventa cultura.
Nota di BastaBugie: Giacomo Rocchi nell'articolo seguente dal titolo "Ma ai vescovi interessano quei sei milioni di bambini uccisi?" commenta scandalizzato come nel messaggio della Cei per la Giornata per la Vita sembrano non interessare né i milioni di bambini uccisi con l'aborto legale, né gli embrioni uccisi con la fecondazione in vitro.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 2 dicembre 2024:
«Alcune interpretazioni della legge 194/78, che si poneva l'obiettivo di eliminare la pratica clandestina dell'aborto».
Nel messaggio per la Giornata per la Vita i vescovi italiani, benché niente affatto obbligati, attesa la natura pastorale del documento, sono voluti entrare sul tema della legge 194 del 1978 e - perseverando nell'erroneo giudizio sulla legge e addirittura aggravandolo - hanno mostrato la loro piena adesione alla logica abortista.
La domanda brutale che si potrebbe fare agli estensori del documento è: i sei milioni di bambini uccisi ufficialmente nel grembo materno dal 1978 ad oggi sono vittime di una «interpretazione della legge 194» oppure sono morti - crudelmente smembrati o avvelenati - in conseguenza della piena attuazione di quella legge?
E una legge che permette alle donne di uccidere il loro bambino sette giorni dopo aver manifestato la loro intenzione di farlo in un colloquio con un medico, di farlo per qualsiasi motivo, gratuitamente, mentre gli ospedali pubblici sono obbligati ad eseguire l'intervento e, di solito, sono in grado di garantirlo entro qualche settimana, può davvero essere ritenuta soltanto «una legge che si proponeva di eliminare l'aborto clandestino» oppure, piuttosto, una legge che garantisce il diritto all' aborto legale? A proposito, che i vescovi sappiano: l'aborto clandestino è stato eliminato oppure i sei milioni di bambini uccisi non sono serviti nemmeno a questo?
Come è possibile che i vescovi riescano soltanto a trovare gli elementi positivi in questa legge "integralmente iniqua"? Sì, perché non solo la Legge 194 sarebbe stata scritta (solo) per eliminare la pratica clandestina dell'aborto (senza riuscirci), ma vi sarebbero «disposizioni tese a favorire una scelta consapevole da parte della gestante e a offrire alternative all' aborto»! Ora: esaltare una «scelta consapevole della gestante» altro non significa che abbracciare il principio di autodeterminazione che è il principio ispiratore delle leggi di aborto: i vescovi sono diventati abortisti? Strano, fra l'altro, che non menzionino l'unica iniziativa che cercava di rendere la donna incinta davvero consapevole: la proposta di legge di iniziativa popolare "Un cuore che batte", che pure ha raccolto molte firme proprio da cittadini cattolici. Forse che i vescovi hanno paura di sconfessare una ministra che, en passant, l'ha definita una cattiva pratica medica? O forse hanno paura di tutto? E la attività dei Centri di Aiuto alla Vita: i vescovi sembrano "ringraziare" la 194 per la loro opera! Ma i CAV sono nati prima di quella legge e l'aiuto alle gravidanze difficili viene svolto a prescindere da quella legge omicida!
Non basta: ai vescovi non sembrano interessare né i sei milioni di bambini uccisi con l'aborto legale (cui devono aggiungersi i bambini morti per aborto clandestino e gli embrioni uccisi con i cripto aborti derivati dalle pillole dei giorni dopo) né gli embrioni - decine di migliaia! - uccisi con la fecondazione in vitro.
Leggiamo il passo relativo a quelle pratiche: si parla genericamente di una "valutazione morale", ma non si fa alcun cenno all' enorme numero di embrioni prodotti per la morte o per il congelamento, previa selezione! Sarà che le legge 40 del 2004 è una legge promossa dal mondo cattolico ufficiale?
Giornata per la vita? La vita di chi? Una "alleanza inclusiva e non ideologica" per sostenere la natalità i vescovi la vogliono fare con coloro che - in piena attuazione delle leggi 194 e 40 - vogliono continuare ad uccidere embrioni e bambini? Per essere inclusivi bisogna tacere la verità?
22 JAN 2025 · TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7982
I CATTOLICI SONO POCO PRATICANTI E MOLTO CONFUSI di Tommaso Scandroglio
La Conferenza episcopale italiana ha commissionato al Censis un rapporto sullo stato di salute della fede in Italia, in vista dell'Assemblea Sinodale che si svolgerà dal 15 al 17 novembre prossimi. Molte ombre, ma anche qualche luce significativa.
Su un campione di mille adulti, il 71,1% della popolazione si dice cattolico. Freniamo gli entusiasmi. Infatti solo il 15,3% si dichiara praticante contro il 20,9% dei «cattolici non praticanti». Come dirsi calciatore non praticante. Un ossimoro. Inoltre, in merito a quel 15% di cattolici della domenica, bisognerebbe verificare se sposano idee contrarie o consone alla dottrina della Chiesa - dato questo che non è stato indagato dalla ricerca - altrimenti sarebbe come dirsi ambientalista ed essere a favore dell'inquinamento. Propendiamo più per l'ipotesi cattolico praticante, ma non credente nella dottrina. Infatti ed ad esempio, per il 60,8% dei praticanti la Chiesa dovrebbe adattarsi alla nuova sensibilità contemporanea. Insomma, dovrebbe aggiornarsi, come si dice oggi.
Ciò detto, il 71% degli italiani si dice cattolico perché la maggioranza di questa percentuale semplicemente ha in sé un vaghissimo senso religioso e lo qualifica come cattolico perché la religione di riferimento in Italia è ancora il cattolicesimo. Se quella stessa quota fosse nata in India, il 71% si sarebbe dichiarato induista. Questa interpretazione riceve conforto da un altro dato: il 79,8% del campione afferma che la sua base culturale è cattolica. Insomma se il sig. Rossi deve indicare un proprio riferimento religioso è ovvio che citi il cattolicesimo. C'è poi da domandarsi di che pasta sia fatta questa cultura cattolica se ha portato all'ateismo pratico diffuso e a condotte morali antitetiche all'insegnamento della Chiesa.
A confortare questa lettura in cui l'autentica fede cattolica poco o nulla c'entra con il sentirsi "cattolico" c'è un altro dato: circa metà di coloro che vanno a messa saltuariamente o che non ci vanno mai (55,8% del campione) lo fanno perché vivono «interiormente» la fede. Si tratta della famigerata fede fai da te, costruita secondo proprie convinzioni, proprie esigenze, propri principi. È l'individualismo nemmeno religioso e nemmeno spirituale, ma banalmente mentale. Il riferimento all'appartenenza al cattolicesimo è quindi fallace in buona parte dei casi.
LA PREGHIERA SI SCOLORA
Questa conclusione trova conferma anche nella seguente percentuale: il 66% dice di pregare, ma se poi andiamo a vedere perché si prega si comprende bene di quale sostanza sia fatta questa preghiera. Il 39,4% prega quando sperimenta un'emozione, il 33,5%, in particolare, quando ha paura e vuole chiedere aiuto. La preghiera, quindi, diventa una invocazione ad un Altro molto sentimentale, molto emozionale. La preghiera si scolora perciò in un moto del cuore e delle viscere indirizzato verso un generico cielo, che può recitarsi anche senza appartenenza religiosa. Dirsi cattolici è quindi sganciato anche dalle pratiche spirituali.
Rimane valida la conclusione che vede l'appartenenza al cattolicesimo come fallace anche se andiamo a leggere il dato secondo cui 6 intervistati su 10, in modalità diverse, si riconoscono nella Chiesa cattolica, sebbene la credibilità della stessa è minata per 7 su 10 intervistati soprattutto dagli scandali legati agli abusi sessuali. Il riconoscimento, più o meno accentuato, probabilmente è dettato dal fatto che la Chiesa è percepita come una cooperativa di servizi sociali per i poveri, i drogati, i senzatetto, i disoccupati, gli immigrati, insomma gli ultimi. Il dato dottrinale è ormai tramontato nella coscienza collettiva perché ben prima tramontato nella coscienza ecclesiale. Il 45,1% tra coloro i quali invece non si riconoscono nella barca di Pietro afferma che la presa di distanze è motivata dal fatto che la Chiesa appare una istituzione troppo vecchia. Percentuale che certamente qualche vescovo o cardinale assai zelante userà al fine di accelerare ancor di più in direzione delle riforme e della conseguente estinzione del popolo di Dio.
Quindi plauso alla Chiesa perché soddisfa i bisogni materiali, ma ognuno si fabbrica la fede che vuole fuori dalla Chiesa proprio perché i temi spirituali sono stati dimenticati da preti e suore, tutti intenti a distribuire vestiti e non grazia santificante. Non rimane quindi che pensar da sé al senso ultimo delle cose - posto che ci si pensi - oppure rivolgersi ad uno psicologo. Infatti 4 intervistati su 10 non andrebbero mai da un prete, numero a cui si aggiungono 2 su 10 che sono così interessati all'argomento che manco hanno risposto. Però, è doveroso sottolinearlo, 4 su 10 andrebbero da un sacerdote per farsi consigliare. E con i tempi che corrono il dato è prezioso.
UNA CHIESA CHINA SUI BISOGNI MATERIALI
Il presidente del Censis, Giuseppe De Rita, sposa nella sostanza questa nostra interpretazione che vede una Chiesa china sui bisogni materiali, ma che non soddisfa quelli più profondi: «La zona grigia nella Chiesa di oggi […] è il risultato dell'individualismo imperante, certo, ma anche di una Chiesa che fatica ad indicare un "oltre", la Chiesa ha sempre aiutato la società italiana ad andare oltre, deve ritrovare questa sua capacità, perché una Chiesa solo orizzontale non intercetta chi è ubriaco di individualismo, perché a costoro non basta sostituire l'Io con un "noi", hanno bisogno di un oltre, hanno bisogno di andare oltre l'io». La Chiesa è schiacciata sull'immanente, ma il suo primo compito riguarda il trascendente. Alle persone non bastano il pane e l'amicizia - ossia la soddisfazione dei bisogni primari e della socialità, due tasti su cui la Chiesa continua a battere - le persone hanno sete di Dio. E in merito alla strada per trovarlo la Chiesa latita nella sua pastorale.
Ma facevamo cenno anche ad alcune luci significative. Il 58% del campione crede che ci sia un qualcosa dopo la morte. Guardando il bicchiere mezzo vuoto ciò significa che metà degli italiani non ci crede. Ma bisogna riconoscere che il bicchiere mezzo pieno è una realtà positivamente inaspettata. Così come è inaspettato questo dato: il 61,7% di coloro che credono che ci sia un Aldilà ritiene poi che ci sarà un premio per i buoni e un castigo per i cattivi. Insomma un quarto della popolazione italiana pensa che ci sia un giudizio dopo la morte. In controtendenza con l'orientamento attuale della Chiesa che garantisce premi per tutti dopo morti, come in alcune pesche di beneficenza in cui si vince sempre.
Altra luce molto sorprendente: il 43,9% dei praticanti dice di apprezzare «i bei riti di un tempo». Quindi non solo la messa in vetus ordo, sconosciuta dalla quasi totalità dei praticanti, ma anche quella in novus celebrata come Dio comanda e molti altri riti ormai scomparsi (processione del Corpus Domini, candelora, etc.). Segno, tra l'altro, di quella sete di "oltre", cioè di spiritualità e sacralità, ricordata dal presidente del Censis. È vero, parliamo solo di poco più del 6% della popolazione, ma fuor di percentuale significa circa 3 milioni e mezzo di credenti indietristi. Quasi una persona su due che va a messa alla domenica. Non poco. Chi lo avrebbe mai detto?
22 JAN 2025 · TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=8049
SE L'INTELLIGENZA ARTIFICIALE ANTICIPA LE NOSTRE INTENZIONI di Tommaso Scandroglio
Caro Lettore, ma Lei lo sa che l'intelligenza artificiale già sapeva, prima che Lei lo avesse deciso, che oggi avrebbe letto la Bussola e probabilmente il presente articolo? Questo è il succo di un suggestivo articolo, firmato dai ricercatori di Cambridge Yaqub Chaudhary e Jonnie Penn, dal titolo Attenzione all'economia dell'intenzione: raccolta e mercificazione dell'intento tramite grandi modelli linguistici pubblicato il 30 dicembre scorso.
I due studiosi affermano che stiamo transitando dall'economia dell'attenzione all'economia dell'intenzione. In merito alla prima, è dato noto che i siti, i social, le chat, etc. registrano ciò che noi guardiamo, vediamo, acquistiamo e inviano questi big data alle aziende affinché con la pubblicità, gli articoli suggeriti, etc. orientino i nostri acquisti, forti delle conoscenze sui nostri gusti che loro posseggono. Ora è in atto un passettino successivo: l'intelligenza artificiale prevederà le nostre intenzioni. Non si tratta più solo di osservare ciò che noi osserviamo, ma di interagire con noi per conoscerci meglio e anticipare le nostre mosse. E come fa l'intelligenza artificiale ad interagire con noi? Con gli assistenti personali o assistenti digitali (smart assistant) - pensiamo all'assistente Google o ad Alexa o a Siri - e con gli chat bot, ossia software programmati per parlare con noi umani. Entrambi i sistemi registrano una quantità immensa di informazioni su di noi: scelte, preferenze e abitudini relative a stili di vita, consumi, interessi, stati emotivi, dove ci troviamo, chi incontriamo, cosa leggiamo, etc. Li registrano in modo accuratissimo e per lunghi periodi perché ci parliamo, interagiamo con loro in modo costante e per moltissimi fini. Insomma questi assistenti personali e le chat bot ci conoscono meglio di Facebook.
E arriviamo al punto: tutto questo bagaglio di conoscenze su di noi servirà all'intelligenza artificiale per prevedere le nostre scelte e suggerirle a noi prima che le prendiamo: dal desiderio a ciò che vorremmo desiderare. L'articolo fa questo esempio in cui un assistente vocale così interagisce con l'utente: «Hai detto che ti senti oberato di lavoro, devo prenotarti quel biglietto del cinema di cui abbiamo parlato?». E perché fermarsi al cinema? Dialoghi possibili, da noi inventati, sono anche i seguenti: «Hai detto che sei stufo di tua moglie. Hai mai pensato ad una nuova vita senza di lei? Sei ancora giovane»; «Sei incinta, è il tuo secondo figlio, inoltre tu e il tuo compagno dovete ancora finire di pagare il mutuo. Hai mai preso in considerazione l'aborto? Se vuoi ti leggo qualche articolo sul tema».
NON È L'INTELLIGENZA ARTIFICIALE
Naturalmente il suggerimento non verrà tanto dall'intelligenza artificiale, bensì dalle aziende o dai grandi gruppi di potere mediatico o politico che ci hanno venduto o regalato gli assistenti digitali i quali sono presenti nel nostro smartphone o in casa nostra. Se dunque un tempo i dati su di noi valevano oro, adesso ciò che ha valore sono le nostre intenzioni. «Queste aziende - aggiungono i due ricercatori - vendono già la nostra attenzione. Per ottenere un vantaggio commerciale, il passo logico successivo è usare la tecnologia, che stanno evidentemente già sviluppando, per prevedere le nostre intenzioni e vendere i nostri desideri prima ancora di aver compreso appieno quali siano».
Va da sé che, come si intuisce dagli esempi di cui sopra, il passo dal "suggerimento" alla "manipolazione" è brevissimo. I ricercatori della Leverhulme Centre for the Future of Intelligence (LCFI) di Cambridge parlano di «tecnologie persuasive», per dirla con un eufemismo. L'intelligenza artificiale presente in queste tecnologie creerà con noi relazioni di fiducia e comprensione e così noi saremo persuasi a seguire i suoi suggerimenti. In sintesi: l'intelligenza artificiale deciderà a posto nostro, anche se non ce ne accorgeremo. Dall'informazione, al suggerimento, alla modellazione della nostra coscienza e di quella collettiva.
I due studiosi al riguardo sono molto chiari: «tali strumenti sono già in fase di sviluppo per suscitare, dedurre, raccogliere, registrare, comprendere, prevedere e, in ultima analisi, manipolare, modulare e mercificare piani e scopi umani, sia banali (ad esempio, la scelta di un hotel) che profondi (ad esempio, la scelta di un candidato politico)».
Tutto questo non è futuro, ma presente. Gli sviluppatori di App Intents di Apple per la connessione delle app a Siri (l'assistente personale a comando vocale di Apple) hanno incluso nell'app protocolli per «prevedere le azioni che qualcuno potrebbe intraprendere in futuro [e] suggerire l'intenzione formulata dall'app».
Le ricadute di questo processo che dal predittivo sfocerà nel prescrittivo sono infinite. Anche in campo bioetico. Nel gennaio dello scorso anno sulla rivista scientifica The American Journal of Bioethics è stato pubblicato il seguente articolo: Un predittore personalizzato delle preferenze del paziente per i giudizi sostitutivi nell'assistenza sanitaria: tecnicamente fattibile ed eticamente auspicabile.
LE CONSEGUENZE DI UTILIZZARE L'APPRENDIMENTO AUTOMATICO
Che fare quando un paziente non è più capace di intendere e volere? Sì, ci sono le Dichiarazioni anticipate di trattamento (DAT). Ma se mancassero? E, anche se ci fossero, se fossero oscure, ambigue, lacunose? Sì, c'è la figura del fiduciario. Ma se anche lui mancasse oppure, se anche ci fosse, chi ci dice che sia attendibile nel descrivere la volontà del paziente? In modo analogo se pensiamo ai parenti. Ecco allora che viene in soccorso l'intelligenza artificiale che, nel caso di specie, prende il nome di Predittore personalizzato delle preferenze del paziente: il modello 4P.
Gli autori dell'articolo appena citato propongono «di utilizzare l'apprendimento automatico per estrarre i valori o le preferenze dei pazienti da dati ottenuti a livello individuale e prodotti principalmente da loro stessi, in cui è probabile che le loro preferenze siano codificate (anche se solo implicitamente)». Per semplificare ed esemplificare: voi fate un incidente e finite in coma. I medici chiedono ad Alexa quale scelta voi avreste fatto in quel frangente. Inizialmente Alexa mette insieme tutte le vostre letture e video sul tema eutanasia a cui magari avete messo un bel like, nonché le conversazioni avute con lei o altri sempre su questo argomento. In seconda battuta confronta questo pacchetto di dati con il vostro temperamento un po' umbratile e l'atteggiamento verso la vita non sempre solare così interpretati a motivo dei film, delle letture, degli interessi da voi coltivati, delle mail e post da voi scritti, delle foto di tramonti postate su Instagram, degli acquisti di capi di abbigliamento in stile gotico-crepuscolare su Amazon, di alcune frasi infelici di carattere leopardiano da voi scagliate contro il Cielo e dettate da uno sconforto passeggero. E così, infine, in un miliardesimo di secondo vi trovate in una bara perché lo ha deciso Alexa. O meglio: chi ha programmato Alexa. E poco importa se voi in quel frangente potevate anche decidere in modo difforme alle vostre precedenti decisioni dato che «le situazioni ipotetiche non riflettono necessariamente ciò che le persone scelgono in situazioni reali».
Leggendo entrambi gli articoli, allora comprendiamo che è in atto una involuzione antropologica: il virtuale inizialmente ci ha informato, poi ci ha aiutato e nel prossimo futuro ci sostituirà. Dall'informazione, all'aiuto, alla sostituzione. Infatti i ricercatori che hanno proposto il modello delle 4P affermano che l'intelligenza artificiale diventerebbe «una sorta di "gemello psicologico digitale" della persona». La nostra libertà, già fortemente plagiata oggi in molti modi, sarebbe consegnata a chi manovra l'intelligenza artificiale e quest'ultima sceglierebbe a posto nostro se andare al cinema, chi sposare e se staccare la spina. Conferiremmo delega piena all'intelligenza artificiale perché nel percepito collettivo quest'ultima è super intelligente, neutra nei giudizi, oggettiva perché scevra da condizionamenti emotivi e da interessi personali. Il risultato sarebbe fatale: non saremmo più noi a vivere, ma un nostro Io virtuale.
Il professore Tommaso Scandroglio, autore di diversi libri sulla legge naturale, sulla morale e sulla bioetica, sviluppa riflessioni interessanti sui temi più caldi del dibattito contemporaneo
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