Benedizioni coppie gay, atti malvagi che il sacerdote deve negare
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Il bravo sacerdote che sa che è errato impartire una benedizione alle coppie irregolari o omosessuali come si deve comportare qualora il suo superiore - parroco, vescovo, superiore religioso - gli comandasse invece di impartirla? Non dovrebbe comunque obbedire, perché benedire una coppia irregolare o omosessuale è un'azione intrinsecamente malvagia.
Insegna Giovanni Paolo II: «Esistono atti che, per se stessi e in se stessi, indipendentemente dalle circostanze, sono sempre gravemente illeciti, in ragione del loro oggetto» (Reconciliatio et paenitentia, 17). Da qui la conclusione: «Una volta riconosciuta in concreto la specie morale di un'azione proibita da una regola universale, il solo atto moralmente buono è quello di obbedire alla legge morale e di astenersi dall'azione che essa proibisce». (Veritatis splendor, n. 67).
Ma come si può provare che benedire una coppia irregolare o omosessuale sia un atto intrinsecamente malvagio? In merito ad entrambi i casi richiamiamo ancora Veritatis splendor: «Insegnando l'esistenza di atti intrinsecamente cattivi, la Chiesa accoglie la dottrina della Sacra Scrittura. L'apostolo Paolo afferma in modo categorico: "Non illudetevi: né immorali, né idolatri, né adulteri, né effeminati, né sodomiti, né ladri, né ubriaconi, né maldicenti, né rapaci erediteranno il Regno di Dio" (1 Cor 6,9-10)» (81). Appare evidente che se la fornicazione e la sodomia sono condotte intrinsecamente cattive non posso benedirle, ossia dire bene di ciò che è male: sarebbe una contraddizione in termini sul piano logico e, sul piano morale, sarebbe intrinsecamente iniquo rendere moralmente lecito ciò che non lo è, giustificare l'ingiustificabile, approvare l'ingiustizia. È un sofisma affermare che la benedizione non giustifica o non qualifica in modo positivo o non approva la relazione che si va a benedire. Sarebbe un gioco di parole per occultare una verità lapalissiana: la benedizione si dà solo a ciò che è ordinabile a Dio perché solo tale realtà merita una benedizione.
NON È LECITO COMPIERE IL MALE PERCHÉ NE DERIVI UN BENE
Lo stesso documento Fiducia supplicans lo conferma: «Le benedizioni [...] sono ordinate alla lode di Dio, [...] "le formule di benedizione hanno soprattutto lo scopo di rendere gloria a Dio per i suoi doni"» (10) e in riferimento a chi vive un rapporto di coppia irregolare o omosessuale afferma che costui «vive in situazioni non ordinate al disegno del Creatore» (28). Ecco perché il Responsum della Congregazione per la Dottrina della Fede del 2021 chiudeva la questione così: «Dichiara illecita ogni forma di benedizione che tenda a riconoscere le loro unioni. In questo caso, infatti, la benedizione manifesterebbe l'intenzione non di affidare alla protezione e all'aiuto di Dio alcune singole persone [...] ma di approvare e incoraggiare una scelta ed una prassi di vita che non possono essere riconosciute come oggettivamente ordinate ai disegni rivelati di Dio».
Dunque, il bravo sacerdote non potrà che rifiutarsi di benedire coppie irregolari o gay anche se il suo superiore glielo comanda e anche nel caso in cui perdesse il posto e fosse mandato in esilio. «Non è lecito compiere il male perché ne derivi un bene», insegna il Catechismo (n. 1756). Con Fiducia supplicans si è aperto ufficialmente il tempo del martirio, dove i persecutori sono persone ordinate che agiscono a danno di altre persone ordinate. Ciò detto, il bravo sacerdote, oltre a rifiutarsi di benedire, deve essere anche evangelicamente furbo. Ossia, tra gli altri stratagemmi per salvare la dottrina e insieme a questa, se possibile, la propria pellaccia, deve comunicare quelle motivazioni, buone in sé, che alle orecchie del proprio superiore appaiono persuasive, sebbene non siano quelle fondamentali per rifiutarsi di benedire.
Un caso esemplare è quello del documento Nessuna benedizione per le coppie omosessuali nelle Chiese africane firmato dal cardinale Fridolin Ambongo, in qualità di presidente del Simposio delle Conferenze episcopali di Africa e Madagascar e approvato dal Papa e dal cardinal Fernández. Nel documento possiamo leggere: «Le conferenze episcopali preferiscono generalmente [...] non offrire benedizioni a coppie dello stesso sesso». Per quale motivo? Il cardinal Ambongo indica una coppia di motivazioni. La prima è quella fondante, la vera motivazione: l'omosessualità è contraria alla Rivelazione e al Magistero e dunque è impossibile benedire le relazioni omosessuali. Richiamiamo qualche passaggio: «Il costante insegnamento della Chiesa descrive gli atti omosessuali come "intrinsecamente disordinati". [Si cita] Lv 18,22-23 dove l'omosessualità è esplicitamente proibita e considerata un abominio. [...] San Paolo, nella Lettera ai Romani, condanna quelli che chiama rapporti innaturali (cf. Rm 1,26-33) o costumi vergognosi (cf. 1Cor 6,9-10)».
GIUSTA ASTUZIA
Dopo aver richiamato le vere ragioni per cui negare queste benedizioni, ecco che, con giusta astuzia, si propongono altre motivazioni che - si sa - sono ben accette a Roma, motivazioni non dottrinali, ma puramente sociali: «Oltre a queste ragioni bibliche, il contesto culturale africano, profondamente radicato nei valori della legge naturale sul matrimonio e sulla famiglia, complica ulteriormente l'accettazione delle unioni di persone dello stesso sesso, in quanto viste come contraddittorie con le norme culturali e intrinsecamente corrotte. [Queste benedizioni] non possono essere realizzate in Africa senza esporsi a scandali. [...] Sarebbero in diretta contraddizione con l'ethos culturale delle comunità africane».
Queste motivazioni sociali, come la Bussola ha già spiegato, non possono rappresentare la giustificazione ultima per vietare le benedizioni gay - se il contesto culturale africano mutasse si potrebbero allora benedire le coppie gay? - ma sono quelle più convincenti per papa Francesco e il cardinal Fernández. Buttarla sul piano della cultura africana è stato vincente perché, nell'approccio pastorale proposto dall'attuale Magistero, il buon selvaggio di Rousseau ha sempre ragione, è custode di tradizioni e costumi intoccabili, come le vicende del Sinodo per l'Amazzonia e della Pachamama hanno illustrato bene. E infatti cosa ha risposto papa Francesco a loro, risposta contenuta nel documento di Ambongo? «Sua santità papa Francesco, ferocemente contrario a qualsiasi forma di colonizzazione culturale in Africa...», a conferma di aver premuto il tasto giusto. I vescovi africani dovevano portare a casa un risultato, non dovevano tenere una lezione di dottrina, pur non dovendo tradirla ovviamente.
Così dovrebbe fare anche il nostro bravo sacerdote in veste di negoziatore che vuole liberare la pastorale dalle mani di alcuni sequestratori. Richiami la dottrina del Magistero e accanto a questo faccia appello alla sensibilità dei fedeli, al pericolo di scandalo, alle tradizioni locali, al parere dei suoi fedeli, etc. E soprattutto faccia appello al buon Dio perché illumini il suo superiore.
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