Calabria in fuga da «Un treno nel Sud» di Corrado Alvaro
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L’ultima volta che avevo veduto la Calabria, era stato alla vigilia della seconda guerra mondiale. Le stazioni, che perlopiù si trovano isolate a grandi distanze dai centri abitati sui monti,...
show moreLe stazioni, che perlopiù si trovano isolate a grandi distanze dai centri abitati sui monti, erano affollate.
Parte della folla prendeva l'assalto i treni, ed erano i giovani chiamati alle armi. Un'altra folla, donne e vecchi e i bambini, salutavano gridando dal marciapiede.
Gridavano «Addio», e gridavano anche «viva la guerra»; un grido che, detto da un popolo povero, poteva fare una sinistra impressione in chi avesse un presentimento della catastrofe dell'Europa e del nostro Paese tutto.
Le donne benedicevano ad alta voce, con quella nenia propria calabrese, i loro figli che andavano a morire e a soffrire.
E questa non era una scena patriottica.
Da settant’anni, la Calabria dei poveri aveva gridato viva a tutte le guerre: perché la guerra consentiva di partire, di trovare ventura, di correre un mondo dove forse ci si poteva fermare a guadagnarsi la vita, e intanto di lasciare alla madre o alla moglie l'assegno che il governo passava alle famiglie, che era stato prima di tre e cinquanta, e ora di dieci lire al giorno, di non pesare sul bilancio familiare, e anzi di risolverlo con quelle dieci lire, e in caso di morte, di lasciare una fortuna; la pensione.
A proposito del popolo forse più patriarcale d'Italia, i cui i legami familiari sono tenerissimi, questa testimonianza potrà apparire assurda e crudele.
Ma io sentii, allora, madri rimpiangere i figli morti in tenera età, di non essere più tra i viventi, e di non poter andare a guadagnarsi con la guerra una sovvenzione per la famiglia.
E i giovani che avevano aspettato di sposarsi per mancanza di mezzi, ora sposavano una ragazza alla vigilia della partenza, come un tempo avevano fatto gli emigranti, perché ora le lasciavano dieci lire al giorno; ciò che allora in Calabria, significava mutare condizione sociale.
E oggi, la Calabria è di nuovo tutto errante, ma senza più saluti alle stazioni.
Le stazioni di treni sono affollate di giovani, come se tutta la generazione della guerra non avesse più posto in casa.
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Author | Giuseppe Cocco |
Organization | Giuseppe Cocco |
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