Ivana Mulatero "Bellezza & Dirupi"
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Ivana Mulatero "Bellezza & Dirupi" Museo Civico Luigi Mallé, Dronero mostra aperta fino al 13 ottobre 2019 Il mio orecchio si è esercitato ad ascoltare le pietre. Le ho scavate...
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Museo Civico Luigi Mallé, Dronero
mostra aperta fino al 13 ottobre 2019
Il mio orecchio si è esercitato ad ascoltare le pietre. Le ho scavate dal campo, le ho tagliate con lo scalpello forzando la fessura come se fossero noci. Erri De Luca, Aceto, Arcobaleno (1992)
La mostra Bellezza & Dirupi. Il Giano bifronte della scultura. Opere di Emanuele Greco, Raffaele Mondazzi e Andrea Rinaudo, in programma fino al 13 ottobre al Museo Luigi Mallé, pone al centro dell’attenzione il rapporto multiforme e fecondo che gli scultori intrattengono con la materia, nel tempo antico come in quello attuale, e si propone di esplorare per la prima volta da questa prospettiva due versanti del processo creativo.
Il progetto promosso e prodotto da Espaci Occitan e ideato da Ivana Mulatero, curatrice del Museo Luigi Mallé, nasce nell’ambito del programma pluriennale di studio e valorizzazione dei Fratelli Zabreri, maestri scalpellini del XV secolo, condotto dal Comune di San Damiano Macra, dalla Pro Loco di San Damiano Macra e curato dall’architetto Dino Oggero.L’esposizione aggiunge un nuovo tassello al programma di approfondimento intrapreso negli anni.
Il titolo stesso trae ispirazione da una specifica morfologia della Valle Maira. Nel Vallone di Pagliero, da dove provenivano i fratelli Zabreri, c’è un monte con due colli contrapposti persino nel nome. Belgard e Birrone sono le due facce di un Giano montano mitologico, con un versante dove il ben guardare (Belgard, il belvedere) si apre sui declivi erbosi e adatti al pascolo, e poi c’è un’altra costa detta Birrone (burrone) un dirupo certamente inospitale.
Suggestioni che aprono a un mondo di riferimenti più vasti che, scendendo a valle come i massi erratici, si radunano per l’occasione nelle sale del Museo Mallé per una puntuale riflessione sulla scultura e sulle materie da cui trae origine.
L’esposizione, da una parte intende ribadire il forte senso identitario del Museo con la Valle Maira, luogo di origine di esperte maestranze capaci di lavorare la pietra ai più alti livelli, ma anche rimandare a una duplice visione della scultura contemporanea, da sempre intimamente connessa ai problemi della materia nel tentativo di volta in volta di trovare sensibilità e memorie capaci di rinnovare i linguaggi espressivi.
Un larvato figurativo di stampo quasi archeologico (Emanuele Greco), una inesausta narrazione del mito (Raffaele Mondazzi), e una scoperta di infinita astrazione nella organicità della materia (Andrea Rinaudo) in contrappunto storico con una sezione dedicata alle opere degli Zabreri. Una mostra unica per la qualità delle opere esposte e per le personalità coinvolte, ognuna riproposta in museo con una piccola stanza monografica, nella quale è stato possibile mettere a fuoco ciascuna ricerca artistica nella sua unicità.
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