Parole in Viaggio - puntata #28
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Bentornati sulle frequenze di parole in viaggio. Sono tempi sempre più difficili e delicati: siamo protagonisti di un evento che sta cambiando e ha cambiato per sempre la storia, l’avvento...
show moreSono tempi sempre più difficili e delicati: siamo protagonisti di un evento che sta cambiando e ha cambiato per sempre la storia, l’avvento di un virus in grado di incrinare ogni tipo di modo di vivere. Un impercettibile organismo ha messo in crisi il più sofisticato sistema evoluto, evoluto ma a quanto pare non abbastanza, visto che un virus invisibile ha messo in dubbio la fiducia verso gli altri e verso la scienza.
Fiducia e invisibile, due parole che meritano uno spazio, perché raccontano il mondo da una prospettiva molto particolare.
La radice latina fidere, avere fede, definisce la fiducia come un importante atto verso l’altra persona, la si carica di una responsabilità, di qualcosa che noi non riusciamo da soli a risolvere. Spesso, a un primo impatto aver fede rimanda a un’entità che va oltre l’aspetto umano, chiediamo l’intervento divino perché ci sentiamo incapaci di affrontare il futuro. È un atto di fede verso qualcosa che non possiamo vedere, che però siamo sicuri o perlomeno speriamo possa intervenire nella nostra vita.
Affidiamo il compito ad altri, in sintesi potremmo dire così. Eppure, in altre lingue neolatine, il concetto è ancora più coinvolgente: confiance in francese e confianza in spagnolo introducono il prefisso cum che ci ricorda un atto collettivo. Non sono più io a delegare l’altro, bensì diventa un’azione congiunta, un fidarsi insieme.
Tornando alla nostra lingua, esiste un sinonimo di fiducia, molto meno usato, più arcaico, quasi medievale, la fidanza, sempre dal latino fidere, da cui deriva fidanzamento, come promessa di vita di coppia, dove è evidente che l’azione, la promessa, è la sintesi di un percorso di entrambi i fidanzati, non è una delega, ma un mettersi in gioco reciproco.
In altre parole, quando io mi fido dell’altro, decido che una parte di me venga messa nelle mani di un’altra persona, che se ne prenderà cura, diventa una specie di tacito accordo. Infatti, dalla stessa radice deriva anche foedus, ovvero il patto, proprio a enfatizzare questo concetto di accordo: io affido a te una parte della mia vita perché sono sicuro che saprai accoglierla e curarla. Non è un patto sottoscritto, o firmato, non c’è nessun obbligo, nessuna coercizione, ma semplicemente la volontà, il desiderio, è una scelta spontanea che si fa verso qualcosa che al momento è invisibile
Invisibile è la nostra seconda parola di oggi: se proviamo a pensare alla versione positiva, visibile, sempre dal latino, la sua etimologia richiama video, l’azione del vedere, e bilem, la capacità, la possibilità. Visibile quindi come atto o capacità che lo rende manifesto
Invisibile di conseguenza è il suo opposto, che non può essere veduto, capacità tale da non essere visto.
Ma Chi è il soggetto dell’azione? L’osservatore cieco o l’osservato invisibile? Sembra un dettaglio irrilevante, eppure se ci pensiamo bene, decidere cosa vedere e cosa non vedere, è una caratteristica intrinseca della persona invisibile o è una prerogativa di chi guarda?
Il punto di vista diventa un elemento essenziale, perché definisce le regole del contesto. Provo a fare un esempio per spiegarmi meglio
Se penso alla nostra società, non posso non pensare agli invisibili: chi sono? Sono tutte quelle persone che per vari motivi non compaiono, non rientrano nei discorsi della gente, non fanno notizia, esistono ma hanno un ruolo considerato secondario. Eppure esistono. Chi definisce le regole dell’invisibilità? Facciamo l’esempio del migrante, coloro che abbandonano tutto, raggiungono una nuova meta e magicamente svaniscono: è una persona veramente invisibile o siamo noi a definire che non merita nessuna attenzione? Cosa ha fatto il migrante per diventare invisibile? L’invisibilità pertanto è un’azione soggettiva, siamo sempre a noi a definire chi o cosa sia invisibile.
Lo stesso virus che per sua natura è talmente impercettibile da definirsi invisibile, in realtà porta con sé effetti a catena che generano altre reazioni di invisibilità: le conseguenze della pandemia sono invisibili o sono io che decido di non vederle? Probabilmente serve un atto di fede, verso tutti coloro che quotidianamente lavorano per mantenere visibili tali conseguenze.
Possiamo rimanere ciechi di fronte a tutto ciò? Siamo noi ad essere ciechi o è l’oggetto osservato, gli effetti del virus, ad essere invisibile? Avere fiducia significa proprio affidare la nostra vita, in questo caso la vita della collettività, a tutti coloro che cercano di rendere visibile ciò che pochi ignorano o vogliono non vedere. La scienza cerca di mostrarci una strada per la salvezza, a noi la scelta di renderla invisibile oppure di percorrerla.
la fidanza diventa l’azione con cui affrontiamo l’invisibile e lo trasformiamo in un agire insieme, in un atto di fede collettivo.
Che sia il 2022 un anno carico di fiducia perchè solo insieme possiamo superare l’invisibile
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